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sabato 23 dicembre 2017

La Riforma delle Tasse USA è Legge


Soprattutto tagli di tasse alle imprese, con aliquote crollate.
 L’EU subirà molto la competizione fiscale USA

La riforma fiscale di Donald Trump è legge. E’ dovuta passare due volte alle Camere per un cavillo formale ma alla fine è stata approvata. Sostanzialmente i tagli alle tasse sono tra i maggiori della storia in termini assoluti, non i più alti a livello di % sul PIL. La vera differenza la fa la suddivisione tra taglio delle tasse alle Corporations e taglio alle tasse ai privati.

Come già riportato dai media tradizionali, la grande differenza della riforma Trump rispetto ad altre simili dei suoi predecessori sta nei forti tagli alle tasse delle aziende, riducendo l’aliquota al 21%, un livello molto competitivo con il resto del mondo. Ossia da oggi le Corporations USA avranno tutti gli incentivi a tornare a casa, come sede di computazione dei profitti. Inoltre la nuova legge obbliga le aziende USA a rimpatriare gli enormi utili tenuti all’estero – non tassati, un regalo dell’era Obama soprattutto ale aziende della tecnologia a cui era davvero tanto affezionato – pagando il 15% di tasse se i profitti sono liquidità o l’8% se sono assets illiquidi, con depauperamento dei conti delle banche straniere (soprattutto EU) che fino a fine anno facevano da depositari per tali ingenti somme. Insomma, ecco finalmente la declinazione fiscale dell’America First. L’EUropa in particolare, quella delle tasse sempre in salita, subirà conseguenze particolarmente pesanti in termini di competizione fiscale con gli USA.

Incredibilmente in questa riforma sembrano ribaltarsi i ruoli: per le persone fisiche Trump il repubblicano ha introdutto serie limtazioni alle deduzioni fiscali degli interessi da ipoteche che incidono soprattutto su chi detiene immobili di altissimo valore. In particolare questo provvedimento ha colpito i ricchissimi – stile hedge fund managers – delle zone dove gli immobili sono più cari, la East Cost di New York, le aree più ricche della Florida e soprattutto la hyper Dem West Coast di San Francisco e dintorni. Viceversa i vantaggi maggiori li avrà la middle class dell’America profonda. Vedasi le due immagini che seguono.

Effettivamente, è vero, il Dem Obama ebbe a livello fiscale un occhio di assoluto riguardo per la finanza e per i milionari/miliardari di Wall Street, cosa che l’amministrazione Trump ha invece accuratamente evitato. Ca va sans dire che la finanza newyorkese in particolare è furente con Trump, come indicato da zerohedge.com

E l’Italia? mentre Trump taglia le tasse e aiuta la crescita interna anche riducendo la disoccupazione ed incrementando i salari, l’Italia aumenta le imoste di circa 30miliardi di euro all’anno – media degli ultimi 5 anni – ma senza dirlo, sperando che la gente non se ne accorga. Per farvi capire, Trump questa sera ha lanciato un messaggio chiarissimo alla gente, a reti unificate: a febbraio 2018 quando riceverete la busta paga guardate la differenza di stipendio, almeno avrete chiaro l’effetto della riforma. Se gli italiani faranno la stessa cosa dopo la finanziaria di Gentiloni va bene se non tireranno fuori il forcone… Ben si capisce la fretta trumiana di implementare prima di fine anno la nuova legge, ecco perchè i Dem han fatto di tutto per ritardardarla al prossimo anno in modo da non rendere effettivi e e soprattutto visibili gli effetti ai votanti USA.

Inoltre Trump ha sottolineato di voler aiutare gli americani a guadagnare di più, invertendo la politica di Obama che – come successo in Italia, Renzi ha copiato l’ex Presidente nero degli USA – ha ridotto sì la disoccupazione ma riducendo fortemente anche la partecipazione al lavoro e gli stipendi con la conseguenza che la gente oggi lavora giusto per sopravvivere o non cerca più lavoro (…). Non casualmente, appena dopo l’approvazione della riforma Trump il colosso AT&T ha annunciato investimenti miliardari in USA ed un bonus speciale ai propri 200’000 dipendenti di 1000 dollari. Inutile dire che le Corporations USA, anche per gli effetti di detta nuova legge, saranno incentivate a spostare occupazione e profitti a casa propria, a danno dell’occupazione estera.

L’Italia deve imparare dagli USA. Il rischio è fare crack, se si seguono i consigli di Francia e Germania è sicuro, due paesi che vogliono l’Italia morta per spartirsela. E dunque danno buoni consigli visto che non possono più dare il cattivo esempio.

Il prossimo anno in Italia dovrà succedere qualcosa, speriamo con le buone. Assolutamente. Altrimenti l’Italia è finita come entità territoriale autonoma, ne abbiamo già avuto l’antipasto con il tentativo di concedere il passaporto austriaco ai sudtirolesi, vedrete che nei prossimi anni i francesi faranno la stessa cosa coi valdostani e magari anche coi piemontesi.

La riforma costerà circa 1.450 miliardi di dollari e aggiungerà in 10 anni mille miliardi ai ventimila miliardi di dollari di debito pubblico americano. L’effetto è una riduzione delle imposte sulle imprese e sui contribuenti più abbienti, con un taglio delle detrazioni fiscali, in primo luogo quelle sulle tasse pagate negli Stati: un cambiamento che potrebbe significare un aggravio
 del carico per alcuni contribuenti.

LA LEGGE VOLUTA DA TRUMP 16 dicembre 2017
Riforma fisco Usa, tassa del 15,5% sul rimpatrio dei capitali offshore
Per quanto riguarda le imprese, oltre alla riduzione dell’aliquota d’imposta dal 2018, viene ridisegnata la tassazione degli utili all’estero, con una sorta di operazione di rimpatrio dei capitali e il passaggio alla tassazione territoriale degli utili, con clausole anti-elusione (base erosion anti-abuse tax - Beat). I profitti attualmente all’estero saranno tassati all’8% (asset illiquidi) e al 15,5% (asset liquidi). In base alla Beat, gli utli generati all’estero saranno tassati al 5% il primo anno, al 10% fino al 2025 e poi al 12,5%, con aliquote più elevate per le banche. Queste prelievo scatta se attraverso le operazioni infragruppo, la società abbassa l’imposta liquidata sotto il 10%.

Gli interessi pagati dalle imprese sui debiti contratti sono detraibili solo in misura pari al 30% del reddito lordo, con una soglia più restrittiva nel corso del decennio. Gli investimenti in macchinari possono essere ammortizzati immediatamente fino al 2022. Le società semplici, restano tassate come le persone fisiche, ma hanno una detrazione del 20% del reddito.

I tagli sulle imposte sui redditi delle persone fisiche non saranno permanenti, ma scadranno nel 2025. I repubblicani contano che verranno prorogati nelle prossime legislature. Le aliquote restano sette, ma livelli e scaglioni di reddito si abbassano, anche per l’aliquota massima. Molte detrazioni sono eliminate (fra cui, appunto, quella per le imposte statali e locali, a parte una franchigia), ma quella standard è circa raddoppiata; il credito di imposta per i figli è raddoppiato, come pure la franchigia sull’imposta di successione. Le famiglie con reddito medio, l’anno prossimo, vedranno un taglio delle tasse di circa 900 dollari (in media), mentre l’1% dei contribuenti, i più ricchi (redditi oltre 733mila dollari l’anno), potranno contare su uno sconto di circa 51mila dollari, secondo il Tax Policy Center, un think tank indipendente di Washington. L’effetto sarò quindi regressivo.

La riforma fiscale, inoltre, riesce dove era fallita quella sul sistema sanitario e abroga un cardine dell’Obamacare, rendendo volontarie e non obbligatorie le polizze individuali, annullando la sanzioni prevista per chi non lo fa con effetto dal 2019. Facile prevedere che milioni di americani sceglieranno di non assicurarsi e resteranno senza copertura sanitaria.
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Previsioni per il 2018



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