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venerdì 10 luglio 2015

Montanelli e il "Madamato": Pedofilia Fascista

PEDOFILIA E FASCISMO

PEDOFILIA E FASCISMO

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.

Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione 
del colonialismo fascista in Eritrea.

PEDOFILIA E FASCISMO


Correva l’anno 1936, e quella che sarebbe diventata una delle penne più prestigiose d’Italia scriveva nel numero di gennaio del periodico “Civilta’ Fascista” un articolo in cui si sosteneva che “non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà“.

Ma evidentemente non tutti i tipi di “fraternizzazione” erano sgraditi a Montanelli, come ha raccontato il diretto interessato in una intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982:

 “aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni ( famoso pedofilo arrestato all'epoca), a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire.

  Era un animalino docile, io gli  misi su un tucul (semplice edificio a pianta circolare con tetto conico solitamente di argilla e paglia) con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari“.

L’episodio era gia’ stato rievocato in precedenza nel 1969, durante il programma di Gianni Bisiach “L’ora della verita’”, in cui Montanelli ha descritto la sua esperienza coloniale: “Pare che avessi scelto bene - racconto’ Montanelli - era una bellissima ragazza, Milena, di dodici anni. Scusate, ma in Africa e’ un’altra cosa. Cosi’ l’avevo regolarmente sposata, nel senso che l’avevo comprata dal padre.
La moglie bambina di Montanelli (abbandonata al suo Tucul e al suo destino quando il giornalista è rientrato in Italia); le leggi razziali proibivano di elevare al rango di moglie vera e propria una “madama” acquistata per i soggiorni nelle colonie.
Il “madamato”, infatti, non era un vero e proprio matrimonio con parita’ di diritti e doveri, ma una forma di “contratto sociale” segnata dal dominio autoritario del colonizzatore sull’indigeno, dell’uomo sulla donna, dell’adulto sul bambino, del libero sul prigioniero, del ricco sul povero, del forte sul debole. E alla fine avevi qualcosa che era meno di una moglie e poco piu’ che una schiava.
Era importante fare in modo che queste relazioni di dominio con le “belle abissine” non sconfinassero mai nel terreno dei sentimenti, e per questo nel Regio Decreto 740 del 19 aprile 1937, dal titolo eloquente “Sanzioni per rapporti di indole coniugale tra cittadini e sudditi“, si era stabilito che “il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle Colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi e concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’Africa Orientale Italiana è punito con la reclusione da uno a cinque anni“.

PEDOFILIA E FASCISMO


Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.


La ragione di questo divieto alle “relazioni d’indole coniugale” l’ha spiegata Gianluca Gabrielli in un articolo del 2012 pubblicato sulla Rivista dell’Associazione Nazionale degli antropologi culturali:

La legge contro le unioni miste – scrive Gabrielli – vuole punire esemplarmente gli italiani che mostrano di non aver rispettato il codice di comportamento “razziale” dei dominatori. Il dispositivo quindi non è stato varato per colpire direttamente la donna africana, non è lei da educare in senso razzista. È l’italiano che interessa, che deve mantenere una distanza evidente e ostentare superiorità con le popolazioni del luogo, perché la distanza e la superiorità assicurano il dominio.

Ed e’ per questo che tra i “capi d’accusa” a carico di Seneca vengono elencati normalissimi gesti di premura verso una compagna, tra cui la colpa “di aver preso con sé un’indigena, di averla portata con sé nei vari trasferimenti, di volerle bene, di averla fatta sempre mangiare e dormire con sé, di avere consumato con essa tutti i suoi risparmi, di avere fatto regali ad essa e alla di lei madre, di averle fatto cure alle ovaie perché potesse avere un figlio, di avere preso un’indigena al suo servizio, di avere preparato una lettera a S.M. il Re Imperatore per ottenere l’autorizzazione a sposare l’indigena o almeno a convivere con lei“. Gesti che diventano crimini perche’ l’oggetto di queste attenzioni e’ un’africana, un’inferiore, un “suddito”.

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Sfogarsi nelle trasferte comprandosi le “madame” andava bene, ma nella sentenza che condanna Seneca si afferma che “in questo caso, non è il bianco che ambisce sessualmente la venere nera e la tiene a parte per tranquillità di contatti agevoli e sani, ma è l’animo dell’italiano che si è turbato ond’è tutto dedito alla fanciulla nera sì da elevarla al rango di compagna di vita e partecipe d’ogni atteggiamento anche non sessuale della propria vita“.

E quando si passa dalle “ambizioni sessuali” ai “turbamenti dell’anima”, aggiungendo la sfrontatezza di voler elevare la “fanciulla nera” al ruolo di “compagna di vita” anche fuori dal letto, non c’e’ perdono possibile per la cultura fascista. Per i giudici che hanno condannato l’imputato Seneca quella donna non era rimasta un puro oggetto sessuale per “contatti agevoli e sani”, ma c’era il rischio che potesse diventare non solo oggetto di affetti, ma anche moglie e cittadina dell’impero, e tutto questo per il colonizzatore e’ una sciagura da evitare a tutti i costi.

Per smentire il “cosi’ fan tutti” associato alla sottomissione delle donne, all’acquisto di minorenni, alla pratica del “madamato” basta una semplice controprova che sgretola in un attimo quel “tutti” cosi’ perentorio. E pur essendo cosa comune a quei tempi comprare persone di cui disporre liberamente, e avere rapporti sessuali con dodicenni, c’e’ sempre in ogni epoca della storia qualche “imputato Seneca” che spinge la civilta’ lontano dalla barbarie.

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E’ a questa gente che dobbiamo guardare, e non alla morale corrente: ne’ a quella in vigore al tempo delle “madame” dodicenni, ne’ a quella attualmente in voga nella nostra epoca di “utilizzatori finali” di diciassettenni.http://cipiri.blogspot.it/2015/07/berlusconi-promise-7-milioni-karima-el.html

Ricostruire l’”acquisto” di Montanelli ed il contesto in cui e’ maturato, assieme all’esperienza speculare di Seneca che cercava una compagna di vita e non una “madama a tempo”, potra’ sembrare una inutile riesumazione di fatti gia’ noti, o una mancanza di rispetto verso una firma storica del giornalismo italiano.

Resto comunque persuaso che il recupero della memoria storica, l’analisi critica dei dati di realta’ e i racconti fatti senza piangeria faranno contento il Montanelli giornalista ovunque egli si trovi, anche a costo di lasciare un po’ amareggiato il Montanelli colonialista e acquirente di dodicenni, e i suoi fan talmente appassionati e devoti da perdonargli qualsiasi errore di gioventu’, anche il piu’ abominevole.

leggi anche : clicca la foto

Bunga Bunga

Bunga Bunga la cultura dell'uomo di Arcore Le ragazze “baciavano il pene della statuetta di Priapo e simulavano rapporti orali, io e Ambra eravamo scioccate”. Nell’aula del processo Ruby in cui Silvio Berlusconi è imputato di concussione e prostituzione minorile è tempo della testimonianza di Chiara Danese. La miss piemontese, insieme all’amica Ambra Battilana, si è costituita parte civile nel processo gemello con imputati l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede, la consigliera regionale Nicole Minetti e l’ex agente delle star tv Lele Mora (in carcere per bancarotta dal giugno del 2011, ndr). Le due ragazze sostengono di avere subito un danno patrimoniale da “perdita di chance lavorativa” per avere partecipato a una serata ad Arcore.






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