Le Carte Parlanti

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mercoledì 24 settembre 2014

Renzi non mi Convince



Il nemico allo specchio

 Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante.

Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo. 

La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità. Persino il ruolo del ministro dell’Economia, l’ottimo Padoan, è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi.
 Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto.
L’irruenza può essere una virtù, scuote la palude, ma non sempre è preferibile alla saggezza negoziale. La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto. Circondarsi di forze giovanili è un grande merito. Lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier. E se addirittura a prevalere è la toscanità, il dubbio è fondato.
L’oratoria del premier è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa. Il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso. In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti. Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere. E qui sorge l’interrogativo più spinoso. Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria.
Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori.
Non può fallire perché falliremmo anche noi. Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra.

 di FERRUCCIO DE BORTOLI

“Ho sperato che ci fosse la possibilità di un nuovo inizio ma, verificato che non c’erano assolutamente le condizioni, alla fine ho accettato la proposta di uscita che mi è stata fatta dall’azienda. Lascerò la direzione del Corriere della Sera il 30 aprile 2015. Comunque non ho dato io le dimissioni”. Ferruccio de Bortoli ha così chiarito a Prima Comunicazione la fine del suo rapporto con Rcs Mediagroup.

Il divorzio tra Ferruccio De Bortoli e il Corriere della Sera, o meglio il suo azionista principale, la Fiat, è storia di mesi. E l'annuncio dell'addio previsto per la primavera 2015, con un anno di "transizione", è tutto tranne che un fulmine a ciel sereno. Le frizioni in Rcs tra il direttore e  l'azionista di maggioranza John Elkann e l'ad Pietro Scott Jovane sono esplose alla luce del sole lo scorso marzo, quando i giornalisti di via Solferino scendono sul piede di guerra: mentre l'azienda procede a tagli dolorosi (compresa la cessione della storica sede, nel salotto nobile di Milano, e il trasferimento nella più anonima periferia Nord-Est di via Rizzoli), alla redazione non va giù il super bonus assegnato proprio a Jovane. Il premio legato ai 92 milioni di "risparmi" viene definito in un infuocato comunicato del CdR "vergognoso", ed è lo stesso De Bortoli a mettere il cappello sulla protesta. Già 4 mesi fa si parlava di dimissioni imminenti, proprio mentre ai vertici di Rcs si stava combattendo la guerra tra Elkann, Diego Della Valle e Urbano Cairo. Alla fine ha vinto il rampollo Agnelli, e lì De Bortoli ha capito che la poltrona più prestigiosa del giornalismo italiano sarebbe stata sua ancora per poco.

De Bortoli poco renziano - Gli assetti societari e la politica di tagli vanno però a braccetto anche con la turbolenta situazione politica italiana. A Palazzo Chigi non ci sono più Mario Monti e il suo figlioccio Enrico Letta, ma è arrivato quel tornado di Matteo Renzi. Più o meno consapevolmente, il nuovo premier sposta tutti gli equilibri. Il Corriere di De Bortoli, dopo un avvio "in linea" inizia a riservare qualche attacco velenoso al governo, ultimo fra tutti l'infuocato editoriale di Francesco Giavazzi sui mancati tagli alla spesa. E proprio l'ultima settimana ha visto una escalation fatale per il direttore. A Melfi, Elkann e Sergio Marchionne vedono Renzi, si parla di Jeep e piovono complimenti incrociati. Sarà un caso, ma poche ore dopo il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi annuncia il progetto di incentivi sull'auto, assai graditi alla Fiat. Nel processo di sostanzioso avvicinamento tra Corriere ed esecutivo (fisiologico nella storia del più importante quotidiano italiano), a rimetterci le penne è stato così De Bortoli, forse anche per desiderio personale di andarsene.

Calabresi e Cazzullo favoriti - Il toto-direttore naturalmente è già aperto, con un favorito d'obbligo e due outsider di peso. Tutte le strade portano a La Stampa, l'altro quotidiano di casa Fiat. Elkann ha stima infinita di Mario Calabresi, che negli ultimi mesi ha collocato il quotidiano torinese in una posizione saldamente filo-renziana. Anche qui, un indizio che può trasformarsi in prova. L'altro nome, questa volta interno a via Solferino, è Aldo Cazzullo. Insieme a Maria Teresa Meli, è la firma più vicina al premier tra tutte quelle del Corriere e aspira legittimamente alla direzione. Mal che vada, sarà vice-direttore di Calabresi. Ultima ipotesi, più complicata, è quella di Giulio Anselmi, presidente dell'agenzia Ansa e con un passato all star in Corriere, Panorama, Espresso, Messaggero, Secolo XIX e, per finire, Stampa: rispetto ai rivali, ha molta più esperienza e capacità di tenere i conti in ordine. Qualità che in tempi di spending review può tornare molto utile.

LEGGI ANCHE :  http://cipiri5.blogspot.it/2014/09/articolo-18-per-i-neoassunti-dopo-tre.html

Articolo 18 per i neoassunti dopo tre anni


Lavoro, minoranza Pd: "Articolo 18 per i neoassunti dopo tre anni".
Serracchiani: "Renzi non accetterà veti"
Partito democratico diviso, la sinistra scopre le carte e minaccia un referendum interno. Chiesto un incontro con Renzi. In tutto 700 emendamenti al Ddl. Bersani torna all'attacco del premier...
NON CAPISCO COSA CENTRA L' ARTICOLO 18
 IL GOVERNO DEVE CREARE LAVORO
 NON AUMENTARE LA POSSIBILITA' DI LICENZIAMENTO
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Termine introdotto da C.G. Jung (1875-1961), con riferimento a un’Imago ‘materna’, ‘paterna’, ‘fraterna’ e divenuto di uso comune in psicanalisi. Caratterizzata come ‘rappresentazione o immagine inconscia’, l’Imago è piuttosto uno schema immaginario, un prototipo inconscio che orienta in maniera specifica il modo in cui il soggetto percepisce l’altro, ne orienta cioè le proiezioni. Formatasi sulla base delle prime relazioni del bambino con l’ambiente familiare, l’Imago non va peraltro considerata come correlato di figure reali, ma presenta carattere fantasmatico; così a un’Imago genitoriale minacciosa e terribile possono corrispondere genitori reali estremamente miti...leggi tutto -

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