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giovedì 28 luglio 2011

Chi è Nitto Palma, Il profilo del nuovo Ministro della Giustizia



Chi è Nitto Palma, Il profilo del nuovo Ministro della Giustizia
Ex magistrato, è stato sempre molto vicino a Previti che tentò più volte di salvare con una legge ad personam. Tra battaglie per l'mmunità parlamentare e contro Tangentopoli, il nuovo Guardasigilli è stato definito dai suo compagni 
una "toga azzurra".

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Chi è Nitto Palma

Il profilo del nuovo Ministro della Giustizia
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Francesco Nitto Palma ha vinto il ballottaggio con Renato Brunetta e da oggi è il nuovo Ministro della Giustizia. La nomina (insieme a quella di Anna Maria Bernini, che avrà la delega per le Politiche Ue – ministro senza Portafoglio) è arrivata nel pomeriggio dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, su proposta del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Il successore di Angelino Alfano, nuovo segretario del Pdl, è nato a Roma nel 1950. Professionalmente, fino al 2001 – anno della scoperta della sua “vocazione” politica – è stato sostituto procuratore della Repubblica al Tribunale di Roma. Prima del suo ingresso a Forza Italia, il nuovo Guardasigilli da magistrato ha affrontato alcuni fra i casi più scottanti della storia della Repubblica: dai processi di terrorismo come il caso Moro a quelli legati alla criminalità organizzata (Pizza connection, Nuova camorra organizzata, ‘Ndrangheta), passando per il caso Operazione Gladio e il “piano Solo”, ma anche Ustica e l’inchiesta sulla tragedia di Vermicino. E ‘ stato pure testimone di nozze di Luca Palamara, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, che in questi anni non ha risparmiato frecciate allo stesso governo in cui ora Palma avrà uno dei ruoli più importanti.


Una vita e una carriera politica molto legata alla figura di Cesare Previti, quella del nuovo Ministro. E’ proprio in onore (e a favore) del suo amico che nel 2002, da poco approdato alla Camera, cercò di far approvare un emendamento che avrebbe congelato i processi di tutti i parlamentari, per tutta la durata del mandato. Una sorta di immunità parlamentare che oltre a Previti, avrebbe fatto comodo anche allo stesso premier. La legge “ad personam” non fu mai approvata, ma il futuro Ministro della Giustizia non si fece buttare a terra e qualche mese dopo ripropose l’emendamento sottoforma di proposta di legge, che prevedeva la possibilità di non essere sottoposti a procedimenti penali per la durata del loro mandato per parlamentari, ministri, capo dello Stato e giudici costituzionali. Ma anche quel tentativo si dissolse in un nulla di fatto. Ma ci sono state anche altre occasioni per dimostrare la propria inclinazione ai partiti “azzurri” e la fedeltà al Cavaliere. Nel 2003, infatti Palma presenta un testo per l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare su Tangentopoli. Proprio lui che in passato era stato magistrato, ma che nel ’94 era vicecapo di gabinetto, quando l’allora Ministro della Giustizia, Alfredo Biondi, tentò di fermare l’inchiesta Mani Pulite con quello che l’opinione pubblica definì il decreto “salva-ladri”. “L’accertamento riguarderà tutte le indagini condotte sul finanziamento illecito ai partiti, ma anche l’eventuale uso politico della giustizia per fini strumentali al potere”, affermava il prossimo ministro della Giustizia. “Bisognerà capire come mai le indagini abbiano colpito in maniera seria alcuni partiti e solo marginalmente altri”.
Questo il commento di Massimo Donadi dell’Idv a margine della nomina a Ministro della Giustizia di Francesco Nitto Palma:
 L’uomo giusto, al posto giusto, con le inchieste giunte alla Camera e che travolgono parlamentari del Pdl, Alfonso Papa e Marco Milanese. L’uomo giusto, al posto giusto, con l’arrivo al Senato del processo lungo. E poi ancora, Mills, Mediaset, Mediatrade, Ruby. L’uomo giusto al posto giusto, nel momento giusto. Una candidatura di altro profilo. Appunto.
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Il governo ha posto la fiducia sul cosiddetto processo lungo. Lo ha annunciato in Aula al Senato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito.
Si conferma così la volontà di questa maggioranza di “immunizzare” dalla legge il presidente del Consiglio, impedendo alla giustizia di fare il suo corso. In barba ai milioni di italiani che ai referendum di giugno hanno detto basta alle leggi ad personam. Un altro insulto di questa maggioranza al Diritto e agli altri cittadini italiani, evidentemente considerati meno uguali davanti alla legge.

Approvare il provvedimento, infatti, rallenterebbe in maniera esasperante i processi fino alla loro prescrizione, perché consentirebbe alle difese di portare in aula tutti i testimoni che vogliono, indipendentemente dal parere del giudice, che sarebbe costretto ad ascoltarli per forza. Per fare un esempio concreto, gli avvocati di Berlusconi potrebbero allungare fino all’inverosimile il processo Mills semplicemente presentando liste lunghissime di testimoni, facendoli salire sul banco anche solo per dire che non ne sanno nulla.
Una furbata che, come sottolinea Antonio Di Pietro, sarebbe un enorme regalo ai criminali. “Se il buongiorno si vede dal mattino - dichiara il presidente Idv - siamo proprio messi male, visto che nel suo primo giorno da ministro Nitto Palma si è reso complice di azioni a tutela della criminalità e non della giustizia. Infatti, oggi, con la fiducia posta al ddl sul processo lungo, peraltro d’iniziativa parlamentare e su cui il governo avrebbe fatto meglio a non metterci becco, l’esecutivo e la maggioranza dimostrano che per risolvere i problemi del ben noto imputato sono disposti ad allungare, fino all’inverosimile, decine di migliaia di procedimenti per non farli arrivare a sentenza”.
Di Pietro mette in guardia da queste norme che “permettono a Berlusconi di aggiustare i suoi processi e impediscono alla giustizia italiana di funzionare. Non a caso - dice -, viene colpita la norma varata all’indomani della strage di Capaci, con la quale veniva fatta salva l’acquisizione delle sentenze definitive, di modo che, anche nei processi di mafia, si potrà riaprire all’infinito la lista dei testimoni. Di fronte a tale scelleratezza - conclude Di Pietro - non resta che la mobilitazione di massa: costi quel che costi. E’ ormai improcrastinabile salvaguardare la democrazia e lo Stato di diritto”.


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