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venerdì 21 maggio 2010

manovra di Tremonti: l'editoria minacciata

Intercettazioni e tagli: l'editoria minacciata


Il ddl sulle intercettazioni è l'ultimo attacco di una lunga offensiva del governo contro l'editoria e la stampa indipendente. Nella manovra di Tremonti, nuovi tagli ai fondi per la stampa cooperativa, no profit e delle minoranze?

L’allarme è di nuovo altissimo. Non solo per il ddl sulle intercettazioni che rischia di ridurre sensibilmente la libertà di stampa in Italia. Sulla stampa indipendente, cooperativa, no profit, delle minoranze linguistiche e di partito pende ancora la scure dei tagli decisi lo scorso anno dal «serial ministro» Giulio Tremonti.
L’editoria è infatti uno degli unici settori in cui – senza un quadro legislativo chiaro – i tagli del ministro stanno già operando con effetti devastanti per l’occupazione e per la vita delle aziende stesse.
Lo ricorda in un Mediacoop, l’associazione delle testate cooperative e no profit, in un comunicato congiunto con la Federazione nazionale della stampa, al Comitato per la libertà d’informazione e all’associazione Articolo 21. «Il Sottosegretario Bonaiuti continua ad annunciare risolutori Stati Generali, che già posticipa all’autunno, ma ribadisce che, comunque, non ci sono risorse – si legge nel comunicato – La proposta di legge di riforma, che secondo la richiesta della Camera e del Senato doveva essere presentata entro giugno, è di là da venire. Per il Governo sembra rappresentare sempre più un semplice artificio dialettico: nelle difficoltà economiche generali il problema della informazione, un settore così decisivo per la democrazia del Paese, sembra non esistere, derubricato ad uno dei tanti problemi, se non l’ultimo. Nel frattempo i provvedimenti assunti nel corso degli ultimi due anni, contestati dalla maggioranza bipartisan di Camera e Senato e adottati, tutti, con il ricorso al voto di fiducia, stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di un centinaio di testate, cooperative, non profit, di partito e di quelle edite e diffuse all’estero, di migliaia di piccole esperienze del mondo dell’associazionismo diffuso, di tante aziende dell’emittenza locale impegnate nell’opera difficile e costosa di transizione al digitale ed hanno assestato un pesante colpo a tutte le grandi e più diffuse testate – quotidiane e periodiche – ed all’editoria libraria con la soppressione delle tariffe postali agevolate. In questo quadro parlare di riforma diventa soltanto una beffa. La riforma è in corso di fatto. L’esito sarà quello di una drastica riduzione delle dimensioni del settore e di un gravissimo colpo al pluralismo delle fonti e dell’accesso. E’ appena il caso di ricordare, infatti, che per i contributi diretti per il 2010 è previsto in Finanziaria uno stanziamento del tutto insufficiente che prefigura un ulteriore pesantissimo ed automatico taglio. Senza contare che la trattativa con Poste Spa, convocata dal Governo per la definizione di un accordo privato sulle tariffe postali, si è impantanata nel più assoluto disinteresse dell’esecutivo. E’ urgente che il Governo riprenda in mano la situazione, predisponga rapidamente il DDL promesso e – in attesa di una riforma che consenta al settore editoriale di uscire dalla transizione e di costruire un moderno sistema della comunicazione – dia attuazione urgentemente ai contenuti dell’appello dei 360 Deputati e dell’ordine del giorno approvato dal Senato che prevedono la conferma del diritto soggettivo per il 2010 e 2011; il ripristino dei contributi per i giornali editi e diffusi all’estero e per l’emittenza locale. Torniamo ad insistere, infine, affinché il Governo assuma le iniziative necessarie per sbloccare la trattativa Poste-Editori per la definizione di un accordo sulle tariffe postali equo e sostenibile».

Il timore è che nella manovra che Tremonti sta preparando e che sarà presentata come decreto del governo, su cui probabilmente peraltro scatterà la fiducia, ci siano nuovi e definitivi tagli ai fondi per l’editoria, senza che ancora ci sia all’orizzonte nè l’appuntamento degli Stati generali, né tantomeno la legge di riforma del settore che il governo e in particolare l’evanescente Bonaiuti hanno annunciato da due anni.



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