Le Carte Parlanti

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Mundimago

sabato 27 marzo 2010

Don Gallo, contro l'astensionismo

Don Gallo, io contro l'astensionismo



Appello contro l'astensionismo del fondatore della Comunità di San Benedetto al porto. Che scrive: «Siamo di fronte a una caduta senza precedenti della democrazia»
Pubblichiamo il testo di una lettera inviata da don Andrea Gallo a Il Secolo XIX.
Mai finora, ci siamo ritrovati con animo così turbato come oggi. Siamo di fronte, nel nostro bel Paese, a una caduta senza precedenti della Democrazia e dell’etica pubblica. La mia coscienza di uomo e di prete che intende coniugare coerentemente Fede e Impegno Civile è¨in difficoltà a prendere la parola. Dov’è¨la fede? Nelle crociate moralistiche?
Dov’è¨la politica? Nei palazzi?
Dove sono i partiti? sempre più lontani.
Illecite operazioni dei Poteri occulti, monopolizzazioni private dei mezzi di comunicazione sociale, mancanze di risorse. E’ regolare il conflitto di interessi. Alleanze segrete con le potenti Mafie in cambio della loro sempre più’ capillare e garantita penetrazione economica e sociale.
Mito della governabilità a scapito della indispensabile funzione parlamentare delle rappresentanze; progressiva riduzione dello stato di Diritto a favore dello stato Padrone a conduzione tendenzialmente personale. Sconfinamenti di potere e tentativi sempre più’ frequenti di imbavagliare la giustizia e piegarla a interessi privati, devastazioni del costume sociale attraverso corruzioni, legittimazioni dell’illecito. E’ vera eutanasia della democrazia, siamo tutti corresponsabili, anche le istituzioni religiose.
Mi chiedo: è inutile andare a votare?
Come mai gli indecisi e gli indifferenti aumentano? Esiste una rete possibile di presidi, movimenti locali e di base, centri sociali, cantieri autonomi di sovranità, che potrebbero scegliere una democrazia insorgente, abbandonando rappresentanze formali e vuote: l’azione politica deve essere radicata nella specificità locale e nell’ambito della vita comune.
Auspico, da sempre, pur aderendo ai movimenti, che questi luoghi di resistenza non sottovalutino l’importanza delle prossime consultazioni regionali. Da parte mia, come Diogene, in questi giorni con la mia Lanterna andrò in giro a stanare i lontani, i dubbiosi, i delusi, gli arrabbiati e i benpensanti.
Care donne e uomini: è un dovere civico recarsi alle urne.
Per gli indifferenti, gli ignavi garantiti userò parole di Dante e di Gramsci. C’è chi difende il diritto al non voto. A mio avviso i diritti sono di tutti coloro che, con la vita, ci hanno donato la Costituzione repubblicana.
A noi tutti rimane l’impegno di lottare per una nuova cittadinanza verso istituzioni comunitarie partecipate, mirando a trasformare in modo nuovo l’esistente e il futuro. E’ un delicato momento di transizione. Là c’è ancora una risorsa! Il “sito” è l’essere in comune dove gli umani possono incontrarsi, rovesciando i rapporti di potere. Il mio sofferto invito non è quello di tapparsi il naso. La risorsa consiste nella lista dei candidati. Contattiamoli, conosciamoli, interroghiamoli, con i nostri stimoli e contestazioni.
Personalmente dopo 45 anni di presenza sul territorio genovese e ligure ne conosco molti fortemente disponibili a impedire il nefasto avvento di un regime autoritario e decisi a combattere la tendenza a solidificare la rivolta in nuove forme di astrazione di dominio dell’Uno su molti. Ricordiamoci che ci guardano ansiosi tutti coloro, italiani e stranieri, che una condizione crescente di precarietà priva di luogo, di radice, di legame ad un ambiente riconosciuto e riconoscibile di vita.
Tantissime persone, non garantite, invisibili e senza potere, cui è stato sottratto, in senso letterale, il tempo futuro e con esso il respiro della speranza.


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Il bluff dell'emergenza rifiuti in CAMPANIA

OGGI ACCADRÀ Il bluff dell'emergenza rifiuti non risolta in Campania
Cecilia Anesi :: Giulio Rubino


Nel napoletano e nel casertano è di nuovo emergenza rifiuti. Ma era davvero finita? Un altro dei bluff del governo Berlusconi smascherato, come a L’Aquila, semplicemente andando a verificare sul campo. Lo hanno fatto due documentaristi, che raccontano una situazione che «puzza» e la popolazione sempre più allarmata per la salute. Intanto è prevista l’apertura di un’altra discarica, ancora nel parco nazionale del Vesuvio Gli scandali che ultimamente hanno colpito Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi per molti non sono stati una sorpresa. Specialmente in Campania, dove la cittadinanza ha guardato con sconcerto, per tutta la durata dell’ultimo commissariato, ai controversi provvedimenti voluti per risolvere l’emergenza rifiuti. Discariche nei parchi nazionali, grossi impianti di inceneritori che funzionano ancora solo parzialmente, innumerevoli siti di stoccaggio «temporaneo» di rifiuti che prendono fuoco con regolarità. Molte di queste discariche sono state costruite addirittura sopra a vecchi siti di sversamento abusivo, e mai una bonifica, mai un sito di compostaggio funzionante, mai un dialogo costruttivo con la popolazione spaventata dall’aumento di tumori e malattie croniche in tutta la regione.
La confusione che sovrasta la vera data della vera fine dell’emergenza rifiuti parla da sé. Bertolaso ne dichiara la fine il 18 dicembre 2009, mentre la legge 123 del 2008 sancisce il termine ufficiale dello stato emergenziale al 31 dicembre 2009, ma il primo ministro Berlusconi la dichiarava terminata già a luglio 2008 dando nuovamente il benvenuto a Napoli in Occidente. Certo è che adesso la situazione è regolata da un neonato decreto, il 195 del 2009, e gradualmente la gestione dovrebbe passare dalle mani del Commissariato alle mani della Regione e delle Province. Ma basta alzare un telefono e chiamare l’Osservatorio provinciale rifiuti di Napoli chiedendo dei semplici dati sulle discariche per capire in che stato di caos versino le istituzioni locali in materia.
Inoltre, non tutte le discariche previste dal decreto legislativo 123 sono state aperte entro la fine ufficiale del periodo emergenziale, che fornisce allo Stato la possibilità di andare in deroga alle normative nazionali ed europee in materia di rifiuti. É proprio grazie all’emergenza che è stato possibile creare una discarica, quella di Terzigno, all’interno di un’area naturale protetta, cioè all’interno del Parco nazionale del Vesuvio, e di farla diventare un enorme ingurgitatore di un mix di rifiuti solidi urbani e rifiuti pericolosi quali fanghi industriali e ceneri tossiche di inceneritore. E però, in nome dell’emergenza, quando c’è bisogno di fare le cose in fretta, si può anche fare uno strappo alla regola.
Non si spiega però la decisione dell’ultimo mese di aprire una seconda discarica nel Parco, che, pur essendo prevista dalla legge 123, non è stata aperta fino ad oggi dimostrando di non essere essenziale per la risoluzione dell’emergenza rifiuti. Infatti Bertolaso, giusto in tempo prima che lo stato emergenziale finisse [per decreto], ha convocato una conferenza di servizi a palazzo Salerno a Napoli il 30 dicembre 2009. Alla conferenza viene discussa l’apertura di una nuova discarica nel Parco del Vesuvio, in località Cava Vitiello, che dovrebbe coprire uno spazio cinque volte maggiore a quello coperto dall’attuale discarica in località Pozzelle. Bertolaso non è presente perché si sta occupando dell’esondazione nel Lucchese, ma il prefetto fa le sue veci e la conferenza raccoglie una maggioranza di pareri contrari, inclusi quelli dei tre sindaci di Boscoreale, Boscotrecase e Trecase e del commissario di Terzigno. Viene detto però che il Commissariato all’emergenza rifiuti, e dunque lo Stato italiano, si riserverà la possibilità di aprire comunque la discarica qualora lo dovesse ritenere necessario. E’ infatti dell’8 febbraio scorso la comunicazione ai quattro comuni vesuviani che annuncia le volontà del consiglio dei ministri: via libera alla nuova discarica. E anche questa dovrebbe ospitare, da decreto, un bel mix di rifiuti solidi urbani e rifiuti tossici. Ma non viene spiegato come verrà giustificata la deroga alle normative europee, adesso che l’emergenza non c’è più. Il fatto che oggi sia lo Stato a fare quello che prima faceva la camorra sembra non destare alcuno scandalo.
La puzza di morte causata dalla discarica esistente è gia tale che le persone non riescono a sostare nelle piazze dei quattro paesi, è difficile immaginare lo scorrere di una vita normale in un futuro ornato da due megadiscariche affiancate l’una all’altra. Lo scempio non si ferma alle falde del Vesuvio, lo scempio ambientale in Campania continua, ricordando irreparabilmente la Leonia di Calvino, una città discarica che straripa, che si allarga in una miriade di mini discariche abusive che scivolano sull’orizzonte interrotto solo da mostri di cemento. L’emergenza è ormai parte del paesaggio. Le intercettazioni incluse nell’ordinanza del gip Rossana Saraceno, relativa all’inchiesta «Rompiballe», già da due anni avevano sollevato seri dubbi sulla qualità degli interventi di Bertolaso in Campania: «tu fai tutto quello che può essere utile, che può servire. Io ho un obiettivo preciso: sputtanare i tecnici del ministero dell’ambiente», dice Bertolaso a Marta Di Gennaro, in una conversazione telefonica del 17 maggio 2007, e ancora, parlando della discarica di Terzigno, la Di Gennaro spiega «Noi stiamo parlando di una discarica da truccare e voi ci dovete aiutare».
Ci si potrebbe aspettare che simili informazioni, una volta pubbliche, possano avere serie conseguenze sul commissariato, eppure l’ex sottosegretariato all’emergenza rifiuti si è saputo muovere fra le proteste e le polemiche che hanno accompagnato il suo mandato in Campania gestendo bene anche gli aspetti mediatici della questione.
Il 18 novembre 2009 Bertolaso organizza uno «spazzatour» per giornalisti scelti, visitano l’inceneritore di Acerra, che per l’occasione accende tutti e tre i suoi forni [nonostante siano ancora in fase di collaudo]. Ma gli aspetti che il tour di Bertolaso ha tralasciato sono molti: del resto il suo giro turistico è durato una mezza giornata: dalle 11 alle 15,30. Quando Coreri a gennaio ha organizzato un nuovo spazzatour per noi, ci sono voluti quattro giorni. E’ vero, a Terzigno non ci sono i gabbiani. E’ vero, a Ferrandelle neppure. Forse ai gabbiani non piacciono i rifiuti tossici. Ma ai giornalisti non è stato fatto girare l’angolo, non è stato fatto filmare e fotografare Marruzzella 3, dove i gabbiani semplicemente regnano. Maruzzella 2, in particolare, era un sito di stoccaggio di ecoballe. Oggi è difficile riconoscerle: le coperture sono stracciate, e solo in alcuni punti si può intuire che una volta quella massa informe era composta da ecoballe. Ai giornalisti non è stato neppure fatto vedere lo scempio dei Regi Lagni, dove ogni giorni avvengono ingenti sversamenti di rifiuti tossici e speciali, nella piena impunità. Non sono stati portati a Sant’Arcangelo Trimonte, in provincia di Benevento, non sono stati portati a Pustarza, in provincia di Avellino, dove tra campi di grano di un verde cangiante e ulivi secolari sono state costruite delle enormi montagne nere.
In una giornata di vento forte i teli si alzano, volano e svelano cosa ci sta sotto. Monnezza. Cascate di percolato che bucano la vasca di raccolta e si perdono nei campi. La puzza di decomposizione è, di nuovo, un incubo che ti accompagna tutto il giorno, anche dopo che rientri a Napoli, anche dopo la seconda doccia. Ed è proprio questa puzza che costringe le menti a domandarsi: è così che si risolve un’emergenza rifiuti? Spostando la monnezza dalla città alle campagne? Inquinando i terreni che ci permettono di vivere?
Anche fosse. Immaginiamo che fosse stato davvero necessario richiedere questo sforzo immenso alla natura, arrivando quasi a provocare il collasso della sua sostenibilità, e che adesso davvero si fosse risolto tutto: perché si decide di aprire un altro ecomostro a Terzigno? Quale monnezza deve finirci? Se l’emergenza è risolta, gli impianti Stir [ex-cdr] funzionano e la raccolta differenziata ha preso piede, se l’inceneritore termovalorizza e Bertolaso è il nostro eroe, allora a cosa serve un’altra megadiscarica? Forse le cose non stanno esattamente così. Perché da decreto 90 la Cava Vitiello a Terzigno va aperta, e va aperta anche un’altra megadiscarica a Campagna [Salerno], nella valle del Sele. Anche a costo di andare contro tutti, parchi naturali, oasi Wwf e sindaci compresi. Perché? Perché la monnezza è oro.



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venerdì 26 marzo 2010

Santoro vince la scommessa RAI per una notte,

Boom di contatti, Santoro vince la scommessa. Al Paladozza la kermesse grida no alla censura


Kermesse tra giornalismo e spettacolo, una serata di grande televisione dopo lo stop della Rai. 180 piazze collegate e tanti luoghi in tutto il paese che trasmettono l'intera serata

Boom di contatti, Santoro vince la scommessa. Al Paladozza la kermesse grida no alla censura


Elio e le storie tese fanno il verso a Emanuele Filiberto, torna Daniele Luttazzi


di MARCO BRACCONI

PARTENZA lanciata, senza reticenze. Immagini d'epoca di Benito Mussolini. E poi, subito dopo, Silvio Berlusconi che arringa la folla del Pdl a piazza San Giovanni: "Volete voi...?". Quando le prime immagini sfumano, Michele Santoro appare esattamente come appare sempre, quando Annozero va in onda su Rai2. Chino sul grande tavolo-monitor. Microfonino alla guancia. Buio attorno.

Attorno, c'è un sacco di gente. Il Paladozza di Bologna è gremito. "Caro Napolitano", esordisce il giornalista. "Non c'è il fascismo, domenica si va a votare: Ma insomma, certe assonanze...". Santoro non "vuole tirarlo per la giacchetta", solo "rivolgersi a lui per segnalare che no, quando si blocca l'informazione in tv, o si telefona alle Authority per bloccarla, qualcosa proprio non funziona".

"Per una telefonata - dice - Nixon dovette dimettersi. Aveva ordinato di spiare i suoi avversari del partito democratico e una commissione del Senato, quando scoprì che le telefonate erano state registrate, disse di pubblicarle per sapere cosa è successo. Qui si è compiuto un delitto di grande gravità: interferenza politica sulla libertà di espressione".

Il segnale rimbalza su decine di maxischermi, in tutta Italia. A piazza Navona, Roma, posti in piedi. Dirette su Repubblica tv, Corriere tv, Skytg24, Rainews24, Current, YouDem. Così il satellite e il web aggirano la "censura" pre-elettorale (a questo link si può guardare l'intera trasmissione). a Bologna parte il servizio sulla manifestazione di Roma del Popolo della Libertà. Le telecamere registrano insulti vari, obiettivo lo stesso Santoro, Marco Travaglio, Vauro. Stacco. La Russa balla forsennato sulle note di Apicella. E subito dopo, in studio, a Bologna, si cambia musica. Arriva il premio Oscar Nicola Piovani. Quattro minuti di violoncello, pianoforte e clarinetto. Belli.

La kermesse di "Raiperunanotte" è un mix di giornalismo e spettacolo, lo si sapeva. Arrivano Gad Lerner, Travaglio, Vauro, Floris. Ma il primo a prendere la parola è il comico Cornacchione, quello di "Che tempo fa". Risate, un po' amare, sul premier che vuole "sconfiggere il cancro entro tre anni, e dunque entro il 2012 annienterà la magistratura".

Parte Travaglio. Intercettazioni. Agcom. Minzolini. Censura. Via al dibattito. Floris polemizza con la retorica berlusconiana, parla di mancanza di ossigeno, e spera che "si ricominci a respirare". A ruota gli altri. Fino a Sandro Ruotolo, con cui si arriva, nel merito, all'inchiesta di Trani. In onda, doppiate da attori, le intercettazioni delle telefonate del premier a Innocenzi (Agcom). Quelle in cui Berlusconi se la prende con Annozero e gli altri "pollai". Sentirle così, testuali ma in vivavoce, fa una certa impressione.

Si riparte con la musica. Elio e le storie tese vanno giù di sarcasmo e cantano, opportunamente storpiata, la canzone sanremese di Emanuele Filiberto. "Un esiliato come te...", dice Elio a Santoro. Poi, intervista registrata a Mario Monicelli. E in studio arriva Morgan, espulso proprio da Sanremo per la sua intervista sulla cocaina.

Daniele Luttazzi, il più epurato di tutti, è accolto da una ovazione. "Il monologo che farò è approvato dalla Cei", esordisce. Quindi un fuoco di fila di battute su Berlusconi, e una lunga digressione metaforico-sessuale (assai esplicita, per la verità), sul rapporto tra il Cavaliere e gli italiani. "Masi ha fatto un uso criminoso della tv", conclude il comico rovesciando la frase rituale del capo del governo quando attacca i suoi avversari.

Altre intercettazioni "recitate". Il direttore generale della Rai, Masi, non ne esce esattamente bene. Soprattutto quando discute con Innocenzi della puntata di "Annozero" sul processo Mills e rassicura su come i telegiornali si stanno muovendo bene, "sia il Tg1 che il Tg2, e perfino il 3...".

Ancora spettacolo, con al piano Morgan e alla voce Antonello Venditti. A seguire, un videomessaggio di Milena Gabanelli, la conduttrice di Report. "Il clima è di caccia alle streghe, siamo sull'orlo di una sconfitta civile: perché il paese non comprende la portata di quello che sta accadendo".

Piccolo incidente di percorso con lo spot-regalo di Roberto Benigni, che parte e si interrompe. A riempire il buco ci pensa Travaglio con un lungo monologo sul decreto salva-liste, e poi lo stesso Santoro, che legge in diretta il commento di Bondi ("giornalismo pietoso") e snocciola i dati degli accessi sul web: "120mila utenti unici collegati nello stesso momento, 60mila su Repubblica.it" e replica polemicamente al ministro: "Saremo anche penosi, ma se ci sono tanti che vogliono sentire Marco Travaglio, saranno padroni o no di farlo?".

Benigni, finalmente. "Stavo partendo per lo Zimbabwe, il paese della libertà. Vado in Zimbabwe, dove ci sono i Masai, anzi no, i Masai sono in Kenya, in Zimbabwe ci sono i Masi...". Noi, siamo noi il paese più libero del mondo! Io, per esempio: volevo la libertà di non vedere Santoro, e ora non c'è più e non lo posso fare...". A Rutolo: "Con questi baffoni, ti voglio baciare, questo è il partito dell'amore, no? E allora baciamoci!". Finale più serio, con la richiesta di un "applauso alla democrazia e alla libertà" e un saluito a Enzo Biagi, "che non può partecipare alla vostra trasmissione".

Gran finale con giuramento collettivo, quasi a scimmiottare il giuramento dei governatori berlusconiani. "Giuriamo solennemente che la faremo sempre fuori dal vaso". Poi, seguito dalle telecamere, esce dal Paladozza e si gode il bagno di folla all'esterno. Domani, si capirà meglio il riscontro numerico di questa "strana" serata di informazione. Nata dalla censura e diventata una kermesse dalle mille piazze e dai mille "ripetitori". Forse, anche un segnale di quello che, nel futuro, può diventare la comunicazione.


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martedì 23 marzo 2010

RAI PER UNA NOTTE - SANTORO

Rai per una notte

TvBlog trasmetterà in streaming

Rai Per Una Notte - Santoro chiede sottoscrizione 
di 2,50 euro via Facebook
Rai per una notte - TvBlog trasmetter�  in streaming
Il 25 marzo, dalle 20 alle 24, al Paladozza di Bologna, la FNSI, Federazione Nazionale della Stampa, ha organizzato RAI per una notte, uno sciopero bianco in difesa della libertà di stampa e dell’informazione.
Sarà una specie di manifestazione - trasmissione televisiva, condotta da Michele Santoro, con la partecipazione di Giovanni Floris, Daniele Luttazzi, Marco Travaglio, Vauro e la squadra di Annozero.
FNSI e Usigrai (Organismo sindacale di base dei giornalisti RAI) metteranno a disposizione in streaming su internet le riprese video e audio della manifestazione. Il che consentirà a tutti coloro che sono dotati di connessione, di vedere l’evento. E di trasmetterlo, anche.
Anche TvBlog trasmetterà in streaming la serata, naturalmente su TvBlog.it, e darà ai suoi lettori la possibilità di commentare in diretta. Naturalmente, l’invito ai lettori è di seguire lo streaming insieme a noi. E chiunque volesse potrà trasmettere sul suo blog la trasmissione.

  LINK PER VEDERE IL PROGRAMMA

                                                   --------->                  http://live.raiperunanotte.it/



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lunedì 22 marzo 2010

Rio de Janeiro: World urban forum

Rio de Janeiro. Inizia il World urban forum
«Il diritto alla città – per colmare il divario urbano» è il tema del quinto World Urban Forum, istituito dalle Nazioni unite, che si apre oggi a Rio de Janeiro, in Brasile, a cui sono attesi 15 mila partecipanti, tra capi di governo, parlamentari, rappresentanti della società civile, accademici, provenienti da 150 paesi dei cinque continenti.
Dopo gli appuntamenti di Nairobi, Kenya 2002, Barcellona, Spagna 2004, Vancouver, Canada 2006 e Nanchino, Cina 2008, il Forum arriva per la prima volta in America Latina. Fino al 26 marzo a Rio si affronteranno temi strategici come la riduzione della povertà e della disuguaglianza, la partecipazione democratica, la diversità culturale in città, lo sviluppo urbano sostenibile, l’accesso equo ad alloggi, sanità, acqua, servizi igienici e infrastrutture, a fronte della rapida crescita degli agglomerati urbani e del loro impatto sulle comunità, le politiche, le economie, i cambiamenti climatici.
Tutto ruoterà attorno all’Obiettivo del Millennio fissato dall’Onu di dimezzare la povertà globale entro il 2015, ‘faro’ che orienterà riflessioni e proposte per creare un «futuro urbano migliore» che garantisca il rispetto della dignità e della cittadinanza. Alla sessione inaugurale prenderanno parte, tra gli altri, il presidente brasiliano Luiz Ignácio Lula da Silva, la direttrice esecutiva di Onu-Habitat [ente Onu per gli insediamenti umani] Anna Tibaijuka , il presidente ugandese Yoweri Museveni e i primi ministri di Libano, Saad Hariri, Bahrein, Isa Al Khalifa, e Haití, Jean Max Bellerive. Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu sullo stato delle città nel mondo, oggi la popolazione delle baraccopoli ha raggiunto un tasso ‘record’ pari a 827,6 milioni di persone che, salvo «misure drastiche», continuerà a crescere con una media di sei milioni l’anno con la previsione di raggiungere 889 milioni entro il 2020.
Fonte: www.misna.org


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Il popolo blu a Roma per l'acqua pubblica

Il popolo blu a Roma. In duecentomila per l'acqua pubblica

Sono in duecentomila i partecipanti alla manifestazione azzurra per l’acqua pubblica, partita da Piazza della Repubblica e diretta a Piazza Navona, secondo gli organizzatori. Il corteo è aperto dallo striscione «ripubblicizzare l’acqua, difendere i beni comuni» e porta la sigla del Forum italiano dei movimenti per l’acqua. Numerosi i gonfaloni dei comuni di città di tutta Italia. Sono molte le bandiere di partiti, da Sinistra ecologia e libertà, al Prc e ai verdi, dei sindacati [di base e confederali]. Sono tante anche le fasce tricolore: i sindaci hanno partecipato numerosi. «Gli enti locali, sia amministrati dal centrodestra che dal centrosinistra, sono al nostro fianco – spiega infatti il segretario del Forum movimenti per l’acqua, Paolo Carsetti – perché hanno capito che vengono espropriati anche loro di una importante competenza sancita dalla Costituzione».
Il corteo si oppone al decreto Ronchi approvato lo scorso novembre. Un decreto che privatizza definitivamente la gestione del servizio idrico stabilendo che la quota in capo al pubblico debba scendere progressivamente nei prossimi cinque anni. E’ proprio questo il punto, secondo i manifestanti, che va modificato perché apre alla mercificazione dell’acqua.
Sul camion in testa al corteo c’è uno striscione blu che recita: «L’acqua è un bene comune. Fuori l’acqua dal mercato! Fuori i profitti dall’acqua!». In coda al tir un enorme pallone blu da cui spunta un rubinetto che lascia ciondolare una goccia blu fatta da un palloncino.
Tanti gli slogan che i manifestanti portano addosso attraverso piccoli cartelloni appesi al collo con una goccia d’acqua parlante: «Liberami dalle multinazionali», «Acqua generosa gratuita, oggi ed ora ristoraci ancora», «Ce la vogliono dare a bere», «Sono un portatore d’acqua», «L’acqua è vita non è merce», «Acqua e terra beni comuni. Ribellarsi è giusto», «Chi controlla l’acqua controlla la vita», «Acqua pubblica senza se e senza Spa».
Dietro lo striscione di testa, che sta per giungere a Piazza Navona meta finale del corteo, c’e’ anche padre Alex Zanotelli che ha detto «Se nei prossimi mesi riusciremo a raccogliere le firme necessarie per far svolgere i tre referendum contro la privatizzazione dell’acqua e poi riusciremo anche a vincerli, sarà il primo colpo che verrà dato alla privatizzazione, che per ora sembra purtroppo vincere in tutto il mondo. A farne le spese sono come sempre i poveri e i deboli e se le cose continueranno cosi’ credo che ci saranno anche 100milioni di morti per mancanza d’acqua nel Sud del mondo».
«Una manifestazione con una presenza forte della societa’ civile e per ribadire l’importanza di governare i beni comuni». Cosi’ Roberto Musacchio della segreteria di Sinistra Ecologia e Liberta’, spiega la presenza del partito alla manifestazione di Roma per la privatizzazione dell’acqua.
Sul fatto che il Pd non ha aderito alla manifestazione ha detto: «Non vi e’ dubbio che il Pd ha abbracciato una cultura della privatizzazione avendone una sorta di ubriacatura. Ma anche questo, mi pare, sta cambiando ed un po’ d’acqua fara’ certamente bene». Proprio sull’acqua pubblica ha poi detto che si potrà trovare un «largo consenso trasversale negli schieramenti anche sul territorio. La privatizzazione selvaggia dell’acqua, d’altronde è addirittura in controtendenza rispetto alle politiche europee».
Il portavoce della federazione della Sinistra Paolo Ferrero ha detto che il prossimo obiettivo «sono i tre referendum contro il decreto Ronchi, affinché l’acqua torni pubblica». La raccolta di firme dovrebbe partire il 15 aprile, dopo le elezioni regionali.
«A Roma c’è chi manifesta per la sua impunità e chi vuole diritti uguali per tutti. Se ne renda conto anche il ministro Ronchi». Sottolinea invece Gennaro Migliore della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà. «L’acqua pubblica è un diritto umano fondamentale, è trasparente ed è di tutti – ha aggiunto Migliore -. La Sinistra è qui per questo».
«La gestione dell’acqua deve restare fuori dal mercato: questo e’ il profondo convincimento che oggi ha spinto queste persone a riunirsi a Roma in un solo grido che il governo non puo’ ignorare». Lo dichiara in una nota il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti.
«Le migliaia di persone che stanno manifestando per la difesa dell’acqua pubblica sono la dimostrazione migliore dell’assurditaà della decisione del governo di correre verso la svendita di un bene che appartiene alla nostra comunità e che, di fatto, sta per essere consegnato nelle mani delle multinazionali e dei privati. – continua Zingaretti – Una decisione preoccupante perché sembra celare una strategia per diminuire il valore di beni comuni la cui proprietà pubblica e’ da sempre un diritto inalienabile».
«Invece di intraprendere strade cosi’ pericolose, sarebbe molto piu’ opportuno e saggio cercare di migliorare l’intero sistema del ciclo dell’acqua, rendendo più efficiente l’attività industriale svolta a servizio dei cittadini come stiamo facendo nel nostro territorio con un impegno di oltre 420 milioni di euro per l’Ato2 – continua Zingaretti – Sono convinto, infine, che questo debba valere anche per l’Acea, una delle più grandi aziende italiane e della Capitale, che deve restare di tutti i romani- conclude – il suo futuro non può essere frutto di scelte affrettate, ma di una attenta e ponderata decisione che non tolga alla comunità diritti che ha fin qui vantato».
«La manifestazione in difesa dell’acqua pubblica di oggi e’ stata un grande successo, con una straordinaria partecipazione dei cittadini. E’ evidente che nel Paese c’e’ un forte malcontento nei confronti del Governo e delle sue scelte. Da ultima quella di privatizzare la gestione del servizio idrico, un bene inalienabile e sul quale non sono ammesse speculazioni". Lo ha dichiarato l’ assessore al Bilancio della Regione Lazio [Sinistra Ecologia Libertà] Luigi Nieri , che oggi ha preso parte alla manifestazione per l’acqua pubblica.
«In piazza c’erano anche tante persone preoccupate della decisione del Sindaco Alemanno di cedere ai privati l’Acea – ha sottolineato Nieri – Nel Lazio gia’ altre esperienze di questo tipo hanno dimostrato l’esito fallimentare della gestione affidata ai privati, con tariffe aumentate e disservizi»
«Penso che quella in difesa dell’acqua pubblica sia una grande battaglia di civilta’ – ha concluso – Anche nel Lazio si dovra’ fare tutto il possibile, nella prossima legislatura, per arginare questa pericolosa e selvaggia privatizzazione che rischia di sottrarre alla cittadinanza uno dei suoi beni piu’ preziosi».

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sabato 20 marzo 2010

GREENPEACE TI DA LA POSSIBILITA DI DIRE NO AL NUKLEARE , KIAMA IL NUMERO VERDE.


GREENPEACE TI DA LA POSSIBILITA DI DIRE NO AL NUKLEARE , KIAMA IL NUMERO VERDE.

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Una piazza o l'altra ,,, BASTAAAAAAAA

Una piazza o l'altra

Pierluigi Sullo


Sulla manifestazione organizzata, sabato 20 marzo, dal Forum italiano di movimenti per l’acqua e che in verità chiama a difendere tutti i beni comuni, il territorio e in una parola la democrazia e la vita delle persone, sui grandi giornali nemmeno una riga.

Ormai a poche ore dalle due manifestazioni che percorreranno Roma sabato pomeriggio, possiamo concludere che i grandi media sono dei bugiardoni. Lo sapevamo già, ma la conferma leva ogni dubbio residuo. Sui giornali maggiori si vede solo Berlusconi, sia nella forma dell’ossessiva ricerca dell’ultimo fiato del «premier», sia come pagina di pubblicità in cui il «partito dell’amore» incita a partecipare al corteo del «popolo della libertà» esibendo una foto di Berlusconi che probabilmente è stata scattata vent’anni fa e in ogni caso è tanto ritoccata che il presidente del consiglio sembra suo nipote: veramente impressionante. Un «capo del governo» ogm, chi l’avrebbe immaginato?
Sulla manifestazione organizzata dal Forum italiano di movimenti per l’acqua e che in verità chiama a difendere tutti i beni comuni, il territorio e in una parola la democrazia e la vita delle persone, nemmeno una riga. Niente. Non esiste. Eppure, come nel caso del «popolo viola» si tratta di un fenomeno del tutto auto-organizzato e auto-finanziato: nessuno prenderà un centesimo per andare a questo corteo, anzi spenderà del suo per viaggiare. Da questo punto di vista, si può dire che un manifestante per l’acqua pubblica ne vale dieci di quelli per Berlusconi. E come nel caso dei viola, questi movimenti nascono del tutto fuori dal sistema dei partiti e della politica che occupa le televisioni [o le svuota, a seconda di chi al momento prevale]: il referendum per l’acqua pubblica, per il quale presto si raccoglieranno le firme, è appoggiato ma non promosso da alcuni partiti di opposizione. Come nel caso dei viola, il movimento per l’acqua, o le comunità che resistono alle grandi opere, o i cittadini che si oppongono al consumo dissennato di suolo per spargervi una marmellata di cemento utile solo alla finanza immobiliare, non hanno leader, né gerarchie, né ideologie ufficiali. Sono in effetti i soli movimenti politici, o neo-politici, fatti di cittadini comuni, i quali agiscono, discutono, scrivono cartelli e documenti e insomma fanno tutto quel che può servire a far cambiare corso alle cose con metodi pacifici ma radicali, perché radicalmente differenti sono le idee che hanno del futuro delle città, della terra e di tutto quel che fa la vita civile.
In effetti, non ci potrebbe essere coincidenza più fortunata. Si presenteranno nella capitale, nello stesso pomeriggio, due narrazioni totalmente opposte. Da una parte il vecchio potere, tutto concentrato su una persona sola, convinto che la realtà la si può truccare attraverso la televisione e che il solo atteggiamento che si può avere verso la società, la natura e la complessa e fragile interazione tra l’una e l’altra sia il saccheggio. Dall’altra parte, un popolo che esiste solo perché vive di realtà reale, che avverte il pericolo, che lavora al bene di tutti, nessuno escluso, e quindi fonda – siamo ai primi passi – una politica, cioè un modo di decidere della collettività, fatta di presenza e sapienza. E onestà, che è la premessa indispensabile ad ogni azione comune.
Questo è il solo scontro autentico, non quello messo in scena ogni giorno da schegge di lobby travestite da partiti, o di partiti che sono in realtà lobby. Ed è uno scontro destinato a tracciare un solco profondo nel futuro. Perché ormai il coperchio sta saltando per aria, perché non se ne può più, perché come l’acqua anche i cittadini non sono in vendita.
------- BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA -------------------

venerdì 19 marzo 2010

Comprare la propria acqua il paradosso palestinese

Comprare la propria acqua: il paradosso palestinese

DA,,,, www.misna.org


Dal sito dell'agenzia dei Missionari comboniani, Misna, ecco un illuminante articolo su come Israele toglie l'acqua ai palestinesi.

Una sete indotta e paradossale colpisce i due Territori Palestinesi Occupati, Striscia di Gaza e Cisgiordania, al punto da aver suscitato la denuncia di grandi organizzazioni umanitarie ma anche di molti altri operatori del settore radicati soprattutto in quelle zone.
«Immaginate ville aggrappate a una dolce collina, immerse in verdi giardini curati con moderni sistemi di irrigazione, dotate di piscine e collegate tra loro da una rete stradale ricca di fontanelle; poi, abbassate lo sguardo, troverete un povero villaggio palestinese con serbatoi in plastica di colore nero sui tetti in cui viene immagazzinata l’acqua che di tanto in tanto arriva da Israele; forse sentirete anche il ronzio di motorini e autoclave che pompano l’acqua fin sopra il tetto e donne indaffarate a sfruttare quel momento in cui l’acqua viene erogata per pulizie straordinarie che non compromettano le riserve necessarie alla famiglia»: è Ettore Acocella, operatore italiano, responsabile di un progetto sociale per l’organizzazione Crocevia, che parla alla Misna da Ramallah, in Cisgiordania, il più «fortunato» dei due Territori Palestinesi Occupati.
«Il paradosso – continua Acocella – è che i palestinesi sono costretti a comprare dagli israeliani la loro stessa acqua: non hanno infatti diritto al bacino della valle del Giordano, non possono scavare pozzi, a volte gli stessi serbatoi sui tetti delle loro case vengono presi di mira ‘per gioco’ dai coloni con colpi d’arma da fuoco». Secondo un rapporto diffuso lo scorso ottobre dall’organizzazione non governativa Amnesty International quella israeliana è una vera e propria appropriazione indebita che insieme a una serie di assurde limitazioni rende di fatto impossibile per un palestinese approvvigionarsi di acqua se non passando attraverso le autorità israeliane che la razionano in base a criteri e modalità proprie e non secondo gli interessi della popolazione che vive a Gaza e in Cisgiordania.
Il documento denuncia che Israele estende progressivamente e al di là di qualunque accordo il suo controllo sulle risorse idriche dei Territori Occupati e riesce a esacerbare in questo modo le già precarie condizioni in cui sono costretti a vivere i palestinesi. «Israele consente ai palestinesi solo una frazione delle risorse idriche in comune – sottolinea Donatella Rovera, autrice del rapporto – che si trovano concentrate in gran parte in Cisgiordania» con il risultato che mentre un palestinese dispone in media di 70 litri d’acqua al giorno, un israeliano ne ha circa 300 grazie alle forniture che arrivano proprio dalla Cisgiordania. In alcune aree rurali i palestinesi sopravvivono con solamente 20 litri al giorno, la quantità minima raccomandata per uso domestico in situazioni di emergenza. Da 180.000 a 200.000 palestinesi che vivono in comunità rurali non hanno accesso all’acqua corrente e l’esercito israeliano spesso impedisce loro anche di raccogliere quella piovana. I 450.000 coloni israeliani, che vivono in Cisgiordania in violazione del diritto internazionale, utilizzano la stessa, se non una maggiore quantità d’acqua, rispetto a 2.300.000 palestinesi. Altro paradosso sottolineato dalla Rovera riguarda la differenza di trattamento riservata ai coloni che hanno costantemente acqua corrente e pagano molto meno rispetto ai palestinesi. «E la situazione – conclude la ricercatrice – è perfino peggiore nella Striscia di Gaza a causa del blocco dei confini attuato da Israele» e delle distruzioni causate dall’offensiva militare conclusa a gennaio 2009. «Qui – dice alla Misna Tamir Bahari, operatore sociale palestinese – possiamo scavare pozzi, ma l’acqua è inquinata perché le falde sono contaminate a monte, in territorio israeliano, e perché l’ultima operazione militare israeliana [Piombo fuso, oltre 1400 vittime palestinesi, ndr] ha distrutto in molte parti il sistema fognario. Per risolvere questo problema servirebbero mezzi e materiale che devono arrivare necessariamente da fuori, ma la chiusura dei confini rende di fatto impossibile qualunque ricostruzione».

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mercoledì 17 marzo 2010

Fausto e Iaio, una fredda sera di marzo



Fausto e Iaio

una fredda sera di marzo

L’ultima volta che sono passato in Via Mancinelli è stata un freddo sabato autunnale di qualche anno fa. Tornavo da una serata in un noto locale milanese e all’altezza di via Leoncavallo mi ricordai di voi due, e della vostra triste storia. Via Mancinelli non è esattamente una bella zona. E’ una strada buia e squallida, che da un alto è occupata quasi interamente dal deposito pullmann dell’atm, e dall’altra ostenta in parata alcuni tra i più anonimi caseggiati della città. E’ una via di periferia come tante, che di notte è deserta e poco raccomandabile. Un luogo perfetto per un duplice omicidio. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, detto “Iaio”, avevano 18 anni e frequentavano il centro sociale “Leoncavallo”, sito nell’omonima via, nei locali di un’ ex-fabbrica occupata dal 1975. La sera del 18 marzo 1978 i due ragazzi si incontrano alla trattoria “Crota Piemonteisa” ed escono insieme camminando verso la casa di Fausto, per il consueto “risotto del sabato” preparato da mamma Danila. Sono giorni di grande tensione, perché le Brigate Rosse 48 ore prima hanno rapito Aldo Moro, e il paese vive un momento difficilissimo. All’altezza di Via Mancinelli un gruppetto di 3-4 persone vestite con impermeabili chiari attira la loro attenzione nel buio, chiamandoli per nome. I due ragazzi si dirigono verso di loro. All’improvviso, qualcuno del gruppo estrae una pistola, avvolta in un sacchetto di plastica per non disperdere i bossoli, e spara otto colpi precisissimi, che uccidono sul colpo Iaio e feriscono mortalmente Fausto, che morirà nel tragitto verso l’ospedale. Milano è sotto shock e pochi giorni dopo più di 50.000 persone commosse partecipano ai loro funerali. Le indagini seguono subito la pista di un regolamento di conti nel mondo della droga, ma i due ragazzi non hanno mai consumato stupefacenti in vita loro, e l’autopsia rivela che sono completamente puliti. Alla fine degli anni’70 l’eroina stava diventando sempre più popolare tra i giovani e Milano non faceva certo eccezione: in alcune zone, come quella del quartiere Casoretto, esistevano molti bar e locali notturni conosciuti come luoghi di spaccio, spesso gestiti da militanti di estrema destra. Fausto e Iaio da alcuni mesi avevano iniziato una personale indagine negli ambienti della malavita milanese per scoprire gli intrecci tra i trafficanti di eroina e i neofascisti: un’indagine precisa e dettagliata, con nomi e cognomi, indirizzi e piccoli grandi segreti del sottobosco malavitoso. Dopo la loro morte l’ inchiesta è portata avanti dal giornalista Mauro Brutto, che si appassiona alla vicenda dei due giovani e raccoglie indizi e preziose testimonianze. Una sera, mentre passeggia sotto casa, un’auto si avvicina ed esplode 3 colpi di pistola, senza colpirlo. E’ un avvertimento in piena regola, che però Mauro si rifuta di seguire. Un mese dopo, in uno strano incidente dalla dinamica mai del tutto chiarita, una Simca 1110 bianca lo investe a tutta velocità, uccidendolo sul colpo. La borsa contenente i documenti della sua indagine sul duplice omicidio viene rubata dalla scena dell’incidente e non verrà mai più ritrovata. Nel corso degli anni gli inquirenti hanno formulato diverse ipotesi sugli esecutori e i mandanti dell’agguato di Via Mancinelli e della morte di Brutto, ma nessuno ha scoperto la verità. Fausto e Iaio sono stati uccisi perché sapevano troppo del mercato dell’eroina e dei suoi rapporti con la destra eversiva milanese? Oppure, come sembra più probabile, sono stati assassinati da un commando fascista dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, tra i camerati del gruppo di Anselmi c’è Massimo Carminati, che svolge lavori sporchi per conto della banda della Magliana e ha rapporti con i servizi deviati. E’ stato accusato di aver ucciso Carmine Pecorelli ed ha lavorato con due ufficiali del Sismi a un tentativo di depistaggio dell’inchiesta sulla strage di Bologna, insieme a lui i camerati Claudio Bracci, Guido Zappavigna e Mario Corsi. Nei loro confronti ci sono alcuni indizi e le dichiarazioni dei pentiti.) arrivato apposta da Roma? E se questa ipotesi fosse vera, perché? Per sconvolgere l’ordine sociale e provocare una reazione violenta delle forze di sinistra? C’è poi un particolare inquietante in questa triste storia di morte e sogni spezzati troppo presto: Fausto Tinelli abitava con la madre Danila in via Montenovoso 9 a pochi metri di distanza dal civico 8, dall’alto lato della strada. Nell’ottobre 1978, sette mesi dopo la morte dei due giovani, in quello stabile decoroso e tranquillo verrà scoperto un covo delle Brigate Rosse, in cui gli inquirenti troveranno numerose lettere di Aldo Moro e i verbali dei suoi interrogatori. Strane coincidenze, che però non basteranno per scoprire i colpevoli. Il caso è stato chiuso nel 2000 dal pm Clementina Forleo che, pur in presenza di importanti elementi a carico di alcuni esponenti dell’estrema destra romana, non ha potuto far altro che archiviare il duplice omicido. Danila Tinelli ha cambiato casa ma non ha mai smesso di cercare giustizia per il suo Fausto, che ricorda sempre come“un ragazzo d’oro come pochi, timido e gentile con tutti…un figlio dolcissimo, che amava i libri e aveva tanti sogni nella testa”. In tutti questi anni Fausto e Iaio non sono mai stati dimenticati dal centro sociale “Leoncavallo”, che nel 1994 ha dedicato loro la nuova sede di via Watteau. Per una parte di Milano la loro morte è una ferita ancora aperta destinata a non rimarginarsi mai. In via Mancinelli c’è oggi un grande murales, che li ritrae insieme sorridenti e nel fiore degli anni, prima di finire ammazzati come bestie in un buia strada di periferia.

.----DA--------------> http://bellaciao.org/it/spip.php?article26186


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Svuotare gli alberghi ABRUZZO post-terremoto

Abruzzo, Pezzopane: «Un piano d'emergenza per svuotare gli alberghi»

La presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane, ha trascorso il pomeriggio di ieri con i cittadini aquilani ancora sfollati negli hotel della costa adriatica a Montesilvano, a Roseto e Giulianova. «E’ accorato l’appello che ho ricevuto ovunque sia stata; da Montesilvano a Pescara, da Roseto a Giulianova, per trovare una soluzione affinché l’anniversario del terremoto ormai prossimo non debba celebrarsi con una gravissima nota stonata. Ancor più grave – ha detto la Pezzopane – perché le rassicurazioni che ci erano state date erano quelle di un rientro. Migliaia di persone sono ancora fuori casa e 12 mesi in albergo sono davvero troppi. Va applicato immediatamente un piano d’emergenza, affinché tutte le possibili soluzioni, la Scuola della Guardia di Finanza, la caserma Pasquali, gli alberghi in provincia dell’Aquila, il Fondo immobiliare, i Map ancora vuoti nei paesi, vengano rese disponibili per far sì che gli aquilani possano far ritorno nelle loro zone».

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lunedì 15 marzo 2010

armi e finanza: mercato globale

armi e finanza: le connessioni di un mercato globale

Andrea Dalla Palma www.unimondo.org


Il 12 marzo a Milano si è parlato, nel corso della fiera «Fa' la cosa giusta», del rapporto per il 2009 sui legami tra il mondo finanziario e il mercato delle armi, realizzato dall’Osservatorio sul Commercio di Armi di Ires Toscana. Pubblichiamo una presentazione della ricerca tratta dal sito Unimondo.org, che da anni denuncia le «banche armate» e la vendita di armi italiane a paesi dove si violano i diritti umani

Nel corso dell’incontro su «Finanza e armi» che si è tenuto sabato scorso a Milano durante la fiera «Fa’ la cosa giusta!», il caporedattore di Unimondo, Giorgio Beretta, ha presentato un’anticipazione della sua ricerca sulle operazioni d’appoggio all’export di armamenti italiani svolte dalle banche nell’ultimo decennio. La ricerca è parte di un più ampio studio-pilota dal titolo provvisorio «Finanza e amarmenti: le connessioni di un mercato globale» realizzato dall’Osservatorio sul Commercio di Armi [Oscar] di Ires Toscana – Istituto di ricerche economiche e sociali – vincitore del bando di finanziamento della Fondazione culturale Responsabilità etica onlus per il 2009 che mostra le ampie connessioni tra mondo finanziario – e in particolar modo di banche e assicurazioni – e che è stato presentato dai ricercatori nel corso della medesima manifestazione.

Giorgio, cosa emerge dalla tua ricerca?
Tre sono i dati più significativi. Il primo è che le esportazioni di armamenti dell’Unione europea – e in particolare quelli italiani – non sono affatto marginali ma hanno ormai assunto un ruolo di primissimo piano nel contesto internazionale. I dati del Sipri, autorevole istituto di ricerca svedese, mostrano che nell’ultimo quinquennio il volume di esportazioni di sistemi militari dei paesi dell’Unione europea ha ormai superato quella di Stati uniti e Russia. Per quanto riguarda l’Italia, il recentissimo rapporto dell’Ue sui trasferimenti internazionali di armamenti dei paesi membri mostra che, dopo la Francia, l’Italia ormai affianca la Germania e supera di gran lunga la Gran Bretagna in questo particolare commercio.

Il secondo rilevo?
E’ il fatto, poco conosciuto o meglio sarebbe dire spesso volutamente sottaciuto da governi e informazione ufficiale, che nell’ultimo decennio le esportazioni di armi italiane sono state prevalentemente dirette a paesi del Sud del mondo. E questo nonostante una legge, giudicata «restrittiva» dall’industria militare nazionale, come la 185/90 imponga il divieto di vendita di armi a paesi sotto embargo, responsabili di gravi violazioni di diritti umani e in conflitto interno o esterno. Prendiamo ad esempio i due principali destinatari di armi italiane degli ultimi anni: si tratta del Pakistan a cui è stato autorizzato tre anni fa l’acquisto dalla Mbda italiana di missili terra-aria, un affare da 415 milioni di euro, proprio nel bel mezzo di uno stato d’emergenza. E nel 2008 è stato dato il via libera alla maxi-commessa del ministero della Difesa turco di elicotteri militari dell’Agusta per oltre un miliardo di euro, anche in questo caso proprio nel bel mezzo dell’intervento militare turco nel Kurdistan iracheno e nonostante le proteste delle associazioni pacifiste preoccupate anche per le reiterate violazioni dei diritti umani dei governo di Ankara.

E in tutto questo qual è stato il ruolo delle banche?
Direi che si sono trovate strette in una duplice morsa. La prima, che ha fatto leva anche su una maggior attenzione dei consumatori, è rappresentata dalle campagne sociali per una maggior responsabilità sociale delle banche: mi riferisco in particolar modo alla Campagna di pressione alle «banche armate» che dal 2000 ha posto all’attenzione dei cittadini e degli istituti di credito proprio il tema specifico dei servizi forniti dalle banche all’industria militare per l’esportazione di armamenti. La seconda, molto meno trasparente e per diversi aspetti di tipico stampo lobbistico, è rappresentata dalle industria militare e in particolare dalle aziende che fanno capo a Finmeccanica, che non ha mancato di esercitare le sue pressioni sugli Istituti di credito.

A cosa ti riferisci in particolare?
A quanto scritto – nero su bianco – nell’ultima relazione d’esercizio dell’Aiad, la potente Federazione Aziende italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza che non ha avuto remore a stigmatizzare come «atteggiamento demagogico» la decisione delle banche di autoregolamentare la propria attività nel settore. Il testo va letto per intero perché mostra con chiarezza come agisce una lobby. Riporta infatti la Relazione dell’Aiad che nel 2008 «A tenere viva l’attenzione dell’Associazione è stato anche il problema delle Banche etiche che, professandosi ‘non armate’, hanno sospeso ogni transazione di esportazione, se pur già disciplinata nel rispetto della Legge 185/90. In maniera ricorrente l’Aiad ha rappresentato la propria preoccupazione per l’amplificarsi delle conseguenze derivanti alle imprese ed al riguardo sono state inoltrate sia a Confindustria che all’Abi diverse comunicazioni alle quali hanno fatto seguito molteplici incontri sia con i vertici dell’Abi che dei diversi Gruppi bancari nonché con il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi; numerosi anche gli interventi nell’ambito di seminari e convegni per porre in evidenza l’atteggiamento fondamentalmente demagogico proprio degli istituti bancari».

Le banche non avranno mancato di rispondere a queste, come chiamarle, «provocazioni»?
Purtroppo no e questo mi stupisce. A fronte di una dichiarazione evidentemente provocatoria come quella dei vertici dell’Aiad ci si sarebbe aspettati che l’Associazione bancaria italiana [Abi] in testa e le singole banche che in questi anni si sono dotate di codici di responsabilità per quanto riguarda il finanziamento e i servizi all’esportazione militare rivendicassero formalmente e con forza la propria indipendenza e l’autonomia delle proprie posizioni. Invece – ed è questo che mi preoccupa – non si è alzata alcuna voce, segno che le pressioni dell’industria militare sugli istituti di credito sono riuscite a mettere a tacere anche quei settori all’interno delle banche che hanno come compito quello di definire e promuovere la «responsabilità sociale d’impresa» della banca.

Tornando alla tua ricerca, quali sono i dati salienti?
La mia analisi mostra tre elementi rilevanti. Il primo è un dato quantitativo: nel periodo dal 2001 al 2008 più del 60 per cento delle operazioni di incassi per esportazioni di armamenti italiani sono state ripartite in maniera abbastanza uniforme da tre gruppi bancari: il gruppo Bnl-Bnp Paribas che ha assunto operazioni per oltre 2,3 miliardi di euro [cioè il 21,2 per cento del totale], il gruppo IntesaSanpaolo – che considerando anche le operazioni dell’acquisita Carispe – ne ha svolte per quasi 2,2 miliardi di euro [20,1 per cento] e il gruppo Capitalia-Unicredito [oggi UniCredit] che – soprattutto per le operazioni autorizzate alla Banca di Roma – ne ha assunte per oltre 2 miliardi di euro, cioè il 18,7 per cento. Va però rilevato che mentre la Bnl e il Bnp Paribas – che ormai sono uno stesso gruppo – mostrano negli ultimi anni valori in forte crescita, i gruppi IntesaSanpaolo e Unicredit presentano invece un chiaro ridimensionamento della loro operatività del settore.

Merito quindi delle nuove e recenti direttive delle due banche?
Non proprio. E questo è il secondo elemento e mi spiego. Mentre il gruppo IntesaSanPaolo già dal 2007 ha definito una policy che decreta «la sospensione della partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90» e puntualmente ha pubblicato nel proprio bilancio sociale i dati aggregati delle operazioni assunte riguardanti l’esportazione di armamenti, non altrettanto si può dire per il gruppo Unicredit.
Dopo l’annuncio già nel dicembre del 2000 da parte di Unicredit di aver emanato direttive interne che disponevano – cito testualmente dal loro bilancio sociale 2001 [pg. 78] – «la sospensione, con decorrenza immediata, di ogni facoltà delegata per interventi creditizi in favore di aziende che si occupano di produzione e commercializzazione di armi e prodotti connessi» – un annuncio che ci aveva positivamente sorpreso e a cui avevano dato ampio rilievo anche importanti trasmissioni televisive come Report della Gabanelli – la banca Unicredit pur continuando a ribadire pubblicamente la propria posizione non ha mai riportato nel proprio bilancio sociale alcuna operazione relativa all’export di armi anche se ha continuato a svolgerle. E questo nonostante la loro «Carta di Integrità» li impegni a «mantenere la trasparenza nei confronti dei clienti garantendo sempre la tempestiva informazione sui prodotti e sui servizi offerti».

Rilievi non proprio confortanti per il principale istituto di credito italiano…
A cui ne va aggiunto un altro ancor più preoccupante. Senza darne troppa pubblicità già dal 2007 il gruppo Unicredit ha modificato la propria policy reintroducendo la possibilità di finanziare determinati settori dell’industria militare e non escludendo la fornitura di servizi bancari alle esportazioni di armamenti. Di fatto – come annuncia l’ultimo bilancio sociale – UniCredit sta rivedendo per la terza volta la propria politica in tema di difesa e armamenti e lo avrebbe fatto in dialogo con «un gruppo internazionale di Ong» di cui però non menziona il nome, forse per non lederne la riservatezza.

E la Bnl?
La Bnl ha emanato ormai dal 2003 un «Codice etico» che sostanzialmente limita le operazioni d’appoggio all’esportazione di materiali militari ai soli paesi della Nato e dell’Unione europea, proprio la controversa autorizzazione all’incasso dei 55 elicotteri militari venduti dalla Agusta alla Turchia per un valore di oltre 1 miliardo di euro fa capire che anche la limitazione dell’operatività a paesi considerati alleati espone le banche a non poche critiche soprattutto quando certe forniture militari si prestano ad un chiaro impiego di tipo repressivo. E come UniCredit, la Bnl non brilla certo per trasparenza. Nonostante l’ampia operatività nel settore propri bilanci sociali non ha mai fornito una sola cifra, ma solo percetuali e talvolta con giochi di parole poco edificanti.

A cosa ti riferisci?
Prendi ad esempio l’ultimo bilancio sociale. La Bnl a pg. 31 afferma che «Avendo come riferimento il market share del 18,2 per cento registrato nel 2002 [anno precedente alla emissione del Codice etico Bnl in materia], mentre nel 2007 si era registrato un significativo ridimensionamento della presenza della Banca in tale mercato con una diminuzione al 5,21 per cento, nel 2008 – esclusivamente a seguito di un operazione di ampia portata con un primario Gruppo nazionale verso un paese Nato, rientrante dunque nei canoni del Codice etico Bnl – la quota percentuale e salita al 33,87 per cento». E segue questa affermazione che è di una logica disarmante: «Senza questa operazione la quota Bnl sarebbe pari al 6,21 per cento, sostanzialmente in linea con i valori espressi negli anni passati». Che è come dire: «Se non peccassi, sarei un santo».

Insomma uno scenario non proprio incoraggiante…
Direi di più. Reso ancor più fosco e preoccupante dal fatto che da due anni la presidenza del Consiglio ha deciso di non pubblicare la sezione della relazione annuale [richiesta dalla Legge 185/90] che riportava le singole operazioni autorizzate e svolte dagli istituti di credito, sottraendo cosi la possibilità di verifica dell’attività delle banche. Un fatto ripetutamente denunciato dalla Campagna di pressione alle «banche armate» anche con lettere ufficiali indirizzate alla presidenza del Consiglio e ai ministeri competenti, che però non hanno mai avuto risposta. E, nonostante l’informazione ufficiale della relazione sia vitale anche per gli istituti di credito per certificare l’effettiva attuazione delle loro direttive, non mi risulta che le banche abbiano inoltrato alcuna protesta per denunciare questa manipolazione. Insomma c’è davvero ancora molto da fare se le banche vogliono impegnarsi con coerenza e piena trasparenza in questo settore.

A quando la pubblicazione del volume di Oscar?
Sarà pronto e fresco di stampa per la prossima fiera sociale Terra Futura, che si terrà a Firenze dal 28 al 30 maggio.

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venerdì 12 marzo 2010

FA' LA COSA GIUSTA : fiera



Fa' la cosa giusta! desidera proporsi sempre di più come il luogo dello scambio e delle relazioni. Così, di pari passo con la parte espositiva, cresce e matura l'offerta culturale di incontri legati ai temi della Fiera.
Ognuno potrà trovare le occasioni di approfondimento e di interazione nel "format" per tutti I gusti e tutte le età. Alcuni convegni di punta, con ospiti istituzionali e internazionali; Numerosi incontri autogestiti, a cura delle organizzazioni più rappresentative e attive nei vari campi (dal turismo responsabile all'agricoltura biologica alla cooperazione). Le presentazioni di libri, tradizionalmente ospitate nelCaffè letterario; gli appuntamenti della piazza Kuminda - sovranità alimentare, così importanti in vista dell'Expo. Ma la novità di quest'anno sono le nuove "location tematiche": piazza "Climate Change", che ospiterà tra l'altro le iniziative dell'Energy Day di Radio Popolare; e la piazza "Giro della città" della Compagnia Alma Rosè, che inaugurerà il suo tour proprio in Fiera, curando "la regia" una serie di incontri su Milano - con i suoi suoi nodi di metropoli, certo, ma soprattutto con le risorse e potenzialità delle sue "periferie" e delle "minoranze" che la abitano, troppo spesso sconosciute e misconosciute.
Da sottolineare, il contributo del "mondo carcere". La cooperativa Estia offre di nuovo in esclusiva al pubblico della Fiera la ricostruzione ad hoc di un ambiente suggestivo e accogliente, che ospiterà incontri ed eventi: la sala Teatro OFF Bollate, che riproduce l'anfiteatro ligneo della Compagnia di detenuti attori della Casa di Reclusione di Milano Bollate. L'associazione Puntozero del Minorile "Beccaria" curerà la piazza Monelli Ribelli, ovvero la programmazione dello spazio dedicato all'animazione dei bambini durante i tre giorni. Lo farà con un allestimento sorprendente e una proposta di attività creative...mai viste, di grande intelligenza e divertimento.
Grandi e piccini, esperti e neofiti, non resta quindi che consultare con attenzione il Programma Culturale di Fa' la cosa giusta! Ve lo proponiamo in consultazione per giorni e per location tematiche: appuntatevi l'ora e la data dei vostri appuntamenti preferiti; se l'offerta vi piace, passateparola a un amico. Non perdete l'occasione di partecipare in prima persona e di ampliare il cerchio d'onda - perchè dalla visita in fiera a Fa' la cosa giusta! si esce con una borsa della spesa piena di prodotti sostenibili e solidali, ma anche con un bagaglio più ricco di cultura e di nuovi incontri ed esperienze.
Il programma culturale di FLCG 2010 è reso possibile grazie al contributo di tutte le realtà e le personalità che ad esso partecipano. Con il contributo di: Fondazione Cariplo.
COME ACCEDERE AGLI INCONTRI DEL PROGRAMMA CULTURALEL'accesso agli incontri è libero ma PREVIO INGRESSO alla Fiera (euro 5, pad. 1-2 v.le Scarampo). Il posizionamento delle location degli incontri (sale, piazze, laboratori) sarà segnalato sulla cartellonistica all'interno dei padiglioni della Fiera. I visitatori potranno richiedere la mappa, contenente il Programma culturale e le rispettive location, presso gli appositi Info Point.
ATTENZIONE! La sala denominata "Teatro OFF Bollate" è una location del programma culturale di fa' la cosa giusta! Si trova nella sede della Fiera, precisamente nel pad 2 - superiore, ingresso unico da porta Scarampo.




Gli incontri che si terranno presso la Sala Bolaffio (terzo piano)

  • venerdì 12, ore 9.30-18.00 convegno CRITICAL FASHION: ANNO ZERO?
  • sabato 13, ore 9.30- 13.30 convegno DIRITTI UMANI E AMBIENTE NELLA FILIERA DEL TESSILE
sono invece ad ingresso libero da viale Scarampo, entrata 14, ultimo piano.


http://eventi.terre.it/default.php?idm=24http://eventi.terre.it/default.php?idm=24

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giovedì 11 marzo 2010

12 marzo sciopero generale. La Cgil in piazza ......


12 marzo sciopero generale. La Cgil in piazza


Il 2009 si conferma un anno drammatico per l'economia italiana ma il governo continua a negare la crisi. La Cgil scende in piazza domani per chiedere al governo, tra le altre cose, di fermare i licenziamenti, sostenere il reddito e le politiche di accoglienza, la regolarizzazione dei migranti, la sospensione della Bossi-Fini, l'abolizione del reato di clandestinità. Una mappa [parziale] delle iniziative per regione.

Crolla ancora il Pil, nel 2009 è calato 5,1 per cento. È un dato dell’Istat, che rivede al ribasso la stima preliminare diffusa a febbraio [-4,9]. Si conferma comunque l’anno drammatico per l’economica italiana, che non registrava un simile tonfo dal 1971.
Il Governo però nega la crisi e promette che nessuno «verrà lasciato indietro» ma la disoccupazione cresce, si licenziano i precari della scuola e della pubblica amministrazione, si moltiplicano le vertenze sull’occupazione e le risposte continuano a non essere date.

Per questo domani, 12 marzo, la Cgil scende in piazza per chiedere al Governo, ma anche a Confindustria e a tutte le imprese è fermare i licenziamenti, ma anche per garantire la prosecuzione della Cig [cassa integrazione] in deroga, sostenere il reddito e prevedere gli ammortizzatori sociali per i precari. «È necessario – spiega il sindacato – affrontare le vertenze impedire la chiusura delle aziende, definire strumenti di politica industriale, avviare subito un piano per la ricerca e un piano per il Mezzogiorno». Uno dei punti dello sciopero sono anche le politiche di accoglienza e lotta alle nuove schiavitù. Fondamentale è la regolarizzazione dei migranti che lavorano, la sospensione della Bossi-Fini per i migranti in cerca di rioccupazione, l’abolizione il reato di clandestinità, il riconoscimento della cittadinanza alla nascita nel nostro Paese e l’estensione dell’art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione equiparando il reato di caporalato a quello di tratta sugli esseri umani.
Di seguito alcune delle iniziative nelle regioni:

PIEMONTE
Asti: Presidi davanti all’Agenzia delle Entrate e davanti ad aziende metalmeccaniche in crisi
Vercelli: Manifestazione davanti al Carrefour dalle ore 10 alle 12

TRENTINO
Trento: Presidio sotto la sede del Commissariato del Governo a Trento alle ore 10.30.

LOMBARDIA
Bergamo: 9.30 partenza da Piazza Marconi
Brescia: 9.00 appuntamento in Piazza della Repubblica
Monza: 9.00 manifestazione Largo Mazzini
Como: presidio davanti alla Prefettura
Cremona: presidio in piazza Stradivari
Milano: manifestazione appuntamento porta Venezia con la partecipazione del segretario confederale, Agostino Megale
Pavia: presidio davanti alla Prefettura
LIGURIA

Genova: Concentramento ore 9.00 presso i giardini prospicienti la Stazione Brignole (lato Piazza della Vittoria) e presso il Terminal Traghetti (Coop Negro) via di Francia. Manifestazione conclusiva Piazza Caricamento, con la partecipazione di Susanna Camusso, segretaria confederale CGIL.
Savona: ore 9.00 comizio in Piazza Sisto IV (la piazza del Comune di Savona). Corteo con sosta e presidio sotto la Prefettura.
La Spezia: ore 10.00 concentramento in Piazza Europa. Corteo fino a Piazza Ramiro Ginocchio.
Imperia: ore 10.00 presidio davanti alla Prefettura in via Matteotti

VENETO

Padova: Manifestazione Regionale con il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani. Partenza corteo ore 9.00 – Piazza Insurrezione ore 11.00.

EMILIA ROMAGNA
Ferrara: lo sciopero è di 8 ore per tutti i settori non sottoposti a regolamentazione. Manifestazione nella Piazza Municipale dalle 10 alle 12.
Reggio Emilia: manifestazione con corteo. Concentramento ore 9.30 in Viale Montegrappa. Ore 11.00 comizio conclusivo in Piazza della Vittoria. Interviene la segretaria confederale della CGIL, Vera Lamonica
Bologna: concentramento della manifestazione alle 9.30 all’ex Sabiem di via Emilia Ponente e un presidio conclusivo (e simbolico) all’Agenzia delle Entrate di via Nanni Costa.
Imola: Manifestazione, concentramento alle 9.30 nella Galleria del Centro Cittadino
Parma: La manifestazione avrà inizio con il concentramento in piazzale Santa Croce a partire dalle ore 9.

TOSCANA
Firenze: Concentramento ore 9.00 Piazza Indipendenza, corteo per le vie cittadine, ore 11 Comizio conclusivo in Piazza SS. Annunziata di Enrico Miceli
Siena: Concentramento ore 8.45 La Lizza, corteo per le vie cittadine, ore 10,45 Comizio conclusivo in Piazza Salimbeni.

Livorno: Concentramento ore 9.30 Piazza Magenta, corteo per le vie cittadine. Comizio conclusivo in Piazza XX Settembre.
Pisa: Presidio dalle ore 15 alle ore 17 davanti alla Prefettura di Pisa

UMBRIA
Perugia: Manifestazione presidio alla Prefettura dalle ore 10.00
Terni: presidio sotto la prefettura, in piazza Tacito, dalle ore 11,00. Una delegazione di sindacalisti e lavoratori incontrerà il prefetto Augusto Salustri, rappresentante del Governo sul territorio.

MARCHE
Ancona: Manifestazione con comizio alle ore 10,30 in piazza della Repubblica. Jesi: corteo, concentramento alle ore 9 a Piazzale Porta Valle.
Macerata: per l’occasione è previsto a Tolentino un corteo, il cui concentramento è per le ore 15, che partirà dalla zona della Piscina comunale fino a raggiungere piazza della Libertà dove alle ore 16 si terrà la manifestazione conclusiva.

LAZIO
Roma: Concentramento a Piazzale Flamino e partenza corteo. Comizio a Viale Mazzini davanti alla sede Rai alle ore 12. Interviene il segretario generale della CGIL di Roma e Lazio, Claudio Di Berardino, e il segretario Nazionale, Enrico Panini.

CAMPANIA
Napoli: Concentramento ore 9.00 in Piazza Mancini. Interviene il segretario confederale, Fulvio Fammoni
Caserta: sit-in davanti alla prefettura

PUGLIA
Bari: Manifestazione con corteo e comizio a Piazza Federico di Svevia. Interviene la segretaria confederale della CGIL, Paola Agnello Modica.
Barletta: Manifestazione provinciale che si svolgerà nella Piazza della Prefettura di Barletta con comizio e successivo incontro con il Prefetto.
Brindisi: dalle ore 9.00 alle ore 11.00 manifestazione in Piazza Vittoria, dalle ore 11 alle ore 13.00 presso la sala del Comune di Brindisi, tavola rotonda sui temi dello sciopero con i Presidenti di Confindustria, Confesercenti, Confagricoltura, Confcommercio.
Foggia: Assemblea provinciale Quadri e Delegati presso la Sala della Cassa Edile.
Lecce: Manifestazione con comizio conclusivo a Casarano.
Taranto: Manifestazione con partenza ore 9,00 dall’ ingresso Arsenale di Taranto, corteo per Via Di Palma e comizio conclusivo ore 11,30 in Piazza M. Immacolata

CALABRIA
Rosarno: Nel Comune protagonista della rivolta degli immigrati si parlerà dei temi dell’accoglienza e dell’integrazione. Si comincia alle 10 nell’auditorium comunale con la manifestazione che avrà come slogan “Accoglienza, integrazione, lavoro, diritti, sviluppo, legalità”. La manifestazione sarà conclusa da Morena Piccinini, segretaria confederale CGIL

SICILIA
Palermo: concentramento alle 9.30 in piazza Verdi e una manifestazione dentro il teatro “Al Massimo”, che si concluderà con l’intervento del Segretario Generale nazionale della FILLEA CGIL, Walter Schiavella.
Catania: concentramento alle 9 in piazza Roma, corteo fino a piazza Manganelli e comizio di Nicola Nicolosi, della CGIL nazionale.
Messina: manifestazione in mattinata davanti l’Agenzia delle entrate (via S.Cecilia). Manifestazioni e comizi anche a Trapani, presso il teatro Cristal dove interverrà la Segretaria Generale della CGIL Sicilia, Mariella Maggio.

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martedì 9 marzo 2010

SPALANDO CAPISCI L'AQUILA

Spalando, capisci 
Gli aquilani sono tornati in piazza Palazzo a raccogliere le macerie della loro città che aspetta ancora l'inizio di una ricostruzione degna di questo nome.


Sono tornati in una bella domenica di sole gli aquilani con le carriole pale e secchielli in piazza Palazzo. Hanno forzato il blocco della zona rossa presidiata da tre svogliati tutori dell’ordine, come a dover recitare un non voluto rituale per compiacere gli inviati speciali e le loro telecamere assetate di pathos e violenza simulata.
Sono tornati e hanno rimosso, questi aquilani del fare, almeno dieci tonnellate di macerie: differenziando ciò che resta della loro città, e che è utile per ricostruirla. Terriccio e altro materiale inerte è uscito fuori dal perimetro della piazza con il sistema già rodato della catena umana. Il materiale è stato scaricato in un grande cassone. Bifore, mattoni, coppi e altro materiale da recuperare, separato con attenzione, è stato accantonato.
Ad esasperare gli abitanti dell’Aquila, spiegano bene Legambiente e Libera in un dossier, è soprattutto la presenza dei cumuli che impediscono la riapertura di molte vie del centro storico dove, accanto agli edifici crollati, si trovano anche numerose case dichiarate agibili dai tecnici, ma che non possono essere raggiunte e rioccupate dai proprietari. «La ricostruzione – è spiegato nel dossier – si può avviare subito: basta eliminare in via prioritaria il blocco delle macerie presenti nelle strade e nelle vie d’accesso agli edifici: un milione di metri cubi di calcinacci che impedisce ai cittadini e alle ditte di entrare nelle abitazioni e avviare i lavori su circa 10 mila edifici danneggiati tra centro storico e frazioni».
In queste ore, commissari, ministri, assessori e candidati, grazie alla scossa data dal popolo delle carriole, si affannano a trovare una soluzione a questa emergenza dimenticata e lasciata in eredità dall’onnipotente Guido Bertolaso. In pochi mesi il commissario più amato dagli italiani è stato capace di spendere in deroga e in procedura d’urgenza, oltre un miliardo di euro, in parte a debito, per costruire una nuova città di polistirolo in area agricola, o quasi 200 milioni di euro per organizzare il G8 aquilano, di cui 373 mila euro per noleggiare poltrone, 175 mila euro per pennoni e bandiere, 26 mila euro per le ciotoline d’argento Bulgari, per non riparlare poi dei 23 milioni per gli interventi nella scuola sottufficiali delle Fiamme Gialle, spesi dai contribuenti per una proprietà delle banche a cui lo Stato per giunta paga ogni anno 13 milioni di euro di affitto.
In questi mesi però, Bertolaso l’eroe del fare, è stato impotente, come fosse il sindaco di un paesino, per avviare la rimozione delle macerie, cinque milioni di tonnellate, come gli avrebbe consentito e forse imposto un’Ordinanza del consiglio dei ministri del luglio 2009, dove a chiare lettere si legge: «Il commissario delegato può provvedere, in sostituzione dei comuni (…) alla individuazione dei siti da adibire a deposito temporaneo e selezione dei materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati nonché di quelli provenienti dalle demolizioni degli edifici danneggiati dal sisma […]».
Per occupare, requisire e realizzare i siti, il provvedimento attribuiva al Commissario anche la possibilità di avvalersi delle deroghe per interventi d’emergenza. E gli metteva a disposizione anche il Genio civile dell’esercito e i Vigili del Fuoco.
Così gli aquilani hanno cominciato a fare da soli, rendendosi protagonisti di un’esperienza unica di partecipazione e cittadinanza attiva. A questo proposito Federico D’Orazio, aquilano post-terremoto, a conclusione della sudata giornata, scrive sul suo blog Stazione Mir: «Essere sul cumulo di macerie di piazza Palazzo a scavare tra i detriti è tutt’altra cosa che passare un secchio, o come ho fatto io la volta scorsa, dare indicazioni alla folla per far sì che il lavoro venisse fatto bene. Sono tutte cose fondamentali e utilissime. Ma quando si è li sopra, a scivolare, sporcarsi, sentire la puzza di marcio che quel cumulo esala, il rumore non esiste. La catena umana non esiste. Non esistono megafoni. Non esistono applausi e gente che chieda un secchio, una pala, un piccone. Sei solo tu, e i resti della tua città. Sei solo tu, e la ricerca di un mattone, un pezzo di legno, e la voglia di fare un lavoretto come si deve. E la fretta di togliere, in mezza giornata scarsa di lavoro, tutto il possibile. Sei solo tu, e la triste sorpresa di scovare in mezzo a quella massa indefinita ed enorme di macerie, oggetti di una vita che non è più.
Oggi, scavando, mi sono imbattuto in un libro, «Il giovane Holden», due cd [uno di Chet Baker,tra i miei preferiti, l’altro nemmeno si capiva più cosa ci fosse un tempo scritto].
E poi uno sciacquone, e tanti pezzi di uno di quei pavimenti che in tante case di una volta ci sono tutt’oggi: quei marmittoni colorati, tutti uguali e pure tutti diversi tra loro. Impossibile non pensare a chi quel libro l’avrà letto. Chissà se lo ha mai finito. Chissà se mai lo finirà. Impossibile non pensare a chi, quel pavimento, l’ha lavato per anni. Quante volte l’avrà lucidato? Chissà se poi gli piaceva, o se semplicemente non aveva tempo o soldi per metterci sopra un parquet.
Quando vedi che anche in quel cumulo c’è traccia di una fatica inutile, di uno sforzo vanificato, di una vita che forse oggi non c’è più, perdi la foga. Inizi a capire davvero cosa ci è successo, qui a L’Aquila.
Qualcosa di enormemente più grande di noi. Sforzi di una vita, e vite annullate prima di potersi esprimere, nell’arco di mezzo minuto. Secoli di storia, mai stati così a rischio. E tracce, polverizzate, di nottate passate a finire un libro d’un fiato, o magari comprato e mai letto. Sporcarsi le mani in mezzo a quel puzzo, scivolare e cadere nella poltiglia di ciò che resta dell’Aquila mia. E provare, improvvisamente, rispetto anche per i frutti più miseri di questo scempio. Spalando, capisci».

di : FILIPPO TRONCA

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lunedì 8 marzo 2010

PATATA OGM DELLA BASF



PATATA OGM DELLA BASF: UN RISCHIO INACCETTABILE!

La Commissione europea ha autorizzato la coltivazione di un OGM per la prima volta dal 1998. È la patata Ogm della Basf, contenente un gene che conferisce la resistenza ad alcuni antibiotici. La sua immissione in ambiente potrebbe scatenare una resistenza batterica verso medicinali salva vita.

http://www.greenpeace.org/italy/news/patata-ogm-bas 

— La Commissione europea ha autorizzato la coltivazione di un OGM per la prima volta dal 1998. È la patata Ogm della Basf, conosciuta con il nome di Amflora e contenente un gene che conferisce la resistenza ad alcuni antibiotici. La sua immissione in ambiente potrebbe scatenare una resistenza batterica verso medicinali salva vita.
Questa autorizzazione viene sventolata in faccia alla scienza, all'opinione pubblica e alle leggi europee. È scioccante che da sei anni il presidente Barroso prova a seppellire le evidenze scientifiche sui dubbi per la sicurezza di questa patata OGM.
Inoltre, la nuova Commissione ha forzato la decisione: il Commissario Dalli, in accordo con Barroso, ha utilizzato la cosiddetta “procedura scritta” per autorizzare questa coltura, evitando così di dover affrontare il dibattito nel Collegio del Commissari. È scioccante!
L'Organizzazione mondiale della sanità e l'Agenzia europea per i medicinali (Emea) hanno già messo in guardia sull' “importanza critica” degli antibiotici colpiti dall'Amflora (kanamicina e neomicina). Kanamicina e neomicina sono regolarmente in vendita nelle nostre farmacie. Dobbiamo denunciare la Commissione Unica del Farmaco (CUF) che tiene nel prontuario farmaci inutili oppure dobbiamo denunciare la Commissione Europea per mettere in pericolo la salute umana?
Anche l'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), solitamente pro-ogm, ha espresso dubbi e dissensi in una serie di pareri sull'Amflora. Inoltre, la maggioranza degli Stati membri si è opposta all'autorizzazione di questo Ogm.
Gli esperti di medicina sono sempre più preoccupati circa la resistenza agli antibiotici. Una legge specifica venne adottata nel 2001 a livello europeo per eliminare entro il 2004 quei geni per la resistenza agli antibiotici che potrebbero comportare rischi per la salute umana e l'ambiente. Basf ha fatto richiesta per l'autorizzazione all'uso come alimento e mangime di questo Ogm nel 2005.
L'Amflora ha un maggior contenuto di amido ed è stata sviluppata per l'uso industriale, nell'alimentazione animale e come fertilizzante ma sono già disponibili sul mercato patate convenzionali (NON-Ogm), con contenuti di amidi quasi identici e senza geni di resistenza agli antibiotici.

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sabato 6 marzo 2010

G8, Bolzaneto: tutti colpevoli

G8, la sentenza di appello su Bolzaneto: tutti colpevoli

Ribaltata in Appello la sentenza di primo grado per i 44 imputati delle violenze commesse sui manifestanti nella caserma di Bolzaneto nel luglio del 2001 a margine del G8 di Genova. I giudici della corte d'appello di Genova hanno dichiarato responsabili civilmente tutti i 44 imputati del processo per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001, anche se hanno dichiarato prescritti i reati.

La sentenza di secondo grado, giunta dopo oltre 11 ore di camera di consiglio, ha così ribaltato il verdetto di primo grado, condannando al risarcimento del danno anche gli imputati che erano stati assolti dal Tribunale. Sette imputati sono stati condannati anche penalmente a pene comprese fra uno e tre anni.

Secondo i giudici di Appello, a Bolzaneto i prigionieri del G8 subirono violenze, soprusi e torture.Nella maggior parte dei casi i reati sono prescritti, ma gli imputati dovranno risarcire le vittime. In primo grado le condanne erano state solo 15.

I sette imputati condannati sono l'assistente capo della Polizia di stato Massimo Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi), gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e il medico Sonia Sciandra (2 anni e 2 mesi). Pene confermate a 1 anno per gli ispettori della Polizia di Stato Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi, che avevano rinunciato alla prescrizione.

In primo grado furono 15 gli imputati condannati a complessivi 23 anni e 9 mesi di reclusione mentre furono 30 le assoluzioni. I pm avevano chiesto condanne nei confronti di 44 imputati per oltre 76 anni di carcere con pene variabili da sei mesi a cinque anni e 8 mesi e una sola assoluzione. «Siamo soddisfatti: è stato accolto il nostro impianto accusatorio», hanno detto i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati dopo la lettura della sentenza che ha ribaltato il verdetto di primo grado. Ed hanno aggiunto: «E' stato riconosciuto l'abuso per tutti, anche per i medici ed i falsi nelle cartelle cliniche e negli atti delle matricole».

Soddisfazione anche dell'avvocato di parte civile Stefano Bigliazzio: «La sentenza - ha detto - ha corrisposto integralmente a tutti gli appelli delle parti civili e dei pm. Le prescrizioni, purtroppo, sono un dato di fatto ma non spostano di una virgola il risarcimento del danno».

Ha annunciato che presenterà ricorso in Cassazione l'avv. Piergiovani Iunca, difensore dell'ispettore di Polizia Paolo Ubaldi al quale è stato confermato un anno di reclusione. «È una sentenza - ha detto - che mi lascia allibito perchè agli effetti civili ha dichiarato tutti responsabili. Il mio cliente, tra l'altro, aveva rinunciato alla prescrizione credendo fermamente nella possibilità di una assoluzione».

«Nel giorno in cui sembra che la nostra Repubblica smarrisca definitivamente il principio della legalità, giunge una buona notizia. È fatta giustizia per i crimini di Bolzaneto. Per questo Paese c'è ancora speranza». Così il capogruppo del Pd nella commissione Affari costituzionale della Camera, Gianclaudio Bressa.

05 marzo 2010

RISARCIMENTI PER IL PESTAGGIO SUBITO DALLA POLIZIA

http://cipiri.blogspot.it/2015/11/g8-genova-risarcimento-mark-covell.html


SENTENZA CHIARA , ORA SAREBBERO DA RIMUOVERE DAI MEANDRI DELLA POLIZIA , I COLPEVOLI ..................................................!!!!
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venerdì 5 marzo 2010

Domani 6 marzo a L’Aquila Presidio della memoria ....

Domani 6 marzo a L’Aquila “Presidio della memoria”. Una manifestazione nazionale per non dimenticare quello che è successo il 6 aprile 2009. Il dolore, il lutto, e la devastazione che sono diventati spesso occasione di lucro, come testimonia l’agghiacciante intercettazione di due squallidi imprenditori nella notte del 6 aprile, mentre L’Aquila crollava. Promuovono il Comitato Familiari Vittime Casa dello Studente, Salvatore Borsellino e il Popolo delle Agende Rosse, il Comitato 3 e 32. Numerose le adesioni tra cui Articolo21. Il direttore, Stefano Corradino condurrà dal palco la giornata con i vari interventi e proiezioni

MANIFESTAZIONE NAZIONALE
6 Marzo 2010 - h. 17,00 L’Aquila
PRESIDIO DELLA MEMORIA
Partenza da Piazza Battaglione degli Alpini (Fontana Luminosa)
fiaccolata per le vie della città. Arrivo sul piazzale di Collemaggio. Interventi, testimonianze, video

COMITATO FAMILIARI VITTIME CASA DELLO STUDENTE
SALVATORE BORSELLINO E IL POPOLO DELLE AGENDE ROSSE
COMITATO 3 e 32

Prime adesioni: Comitato Familiari Vittime del Convitto Nazionale Comitati Cittadini Associazione Vittime della Scuola - San Giuliano in Puglia ragazzi ospiti della Casa dello Studente Associazione Legami d’Acciaio (Familiari Vittime della ThyssenKrupp) Comitato Familiari Vittime di Viareggio Comitato Familiari Vittime di Giampilieri Libera, Articolo 21 Legal Team Abruzzo Social Forum Epicentro Solidale Associazione Kabawill la rivista Confronti, Rita Borsellino Associazione Un’altra Storia Thomas Torelli (redazione di Sangue e Cemento) Claudio Messola (blogger) Redazione DirittiDistorti Equorete Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Lavoro, AntimafiaDuemila, Circolo ARCI Querencia, Artisti Aquilani

Per adesioni e informazioni
Antonietta Centofanti Familiari Vittime Casa dello Studente
antoniettacentofanti@libero.it
cell. 347-0343505

PROGRAMMA (provvisorio)
- Lettura dei nomi delle ad opera di un gruppo di giovani attori.
- Salvatore Borsellino sarà in collegamento video-audio
- Interventi di Lilli Centofanti e Antonio Mancini per Agende Rosse
- Intervento Comitato 3 e 32 (Sara Vegni)
- Discussione sul mancato allarme e la Commissione Grandi rischi con l’intervento del padre di uno degli studenti morti in centro storico, Sergio Bianchi
- Seguono due video
- Uno spezzone di Sangue e cemento con intervento del registra Thomas Torelli che ripercorre tutto ciò che è stato disatteso in termini di sicurezza e di mancato allarme
- Il video del blogger Messora 7 giorno per morire con intervento di Messora sul mancato allarme
- Parlano gli studenti della casa dello studente e non.
- Video Voci dal cemento, realizzato da Daniele Martinis in collaborazione con Alessandro Antonini e Sara Ferrilli :testimonianze della vita degli universitari.
- “E ORA?Gli sciacalli all’opera: le intercettazioni degli imprenditori e Rischio infiltrazioni mafiose”. Interviene Lorenzo Baldo della redazione Antimafia Duemila
- Processo breve e leggi ad personam: intervento di Simona Giannangeli avvocato del foro dell’Aquila e legale casa dello studente
- Interventi rappresentanti Scuola San Giuliano (Antonio Moretti) Casa dello studente, (Grazia Malatesta) Giampilieri ( da definire) Legami d’Acciaio (Antonio Boccuzzi) Viareggio( Daniela Rombi)
- Microfono aperto per chi voglia intervenire
- Conduce Stefano Corradino, direttore Articolo21

Il testo redatto dai promotori:
L’Italia è un Paese che scava per recuperare i cadaveri dei suoi ragazzi; l’Italia è un Paese che potrebbe segnare le sue tragedie sul calendario: le conosce prima, le lascia accadere, le aspetta. Terremoti, alluvioni, frane, crolli, morti sul lavoro. Sono scene che si ripetono e nessuno ne conserva memoria.. Poi arrivano i Vigili del Fuoco che scavano, che cercano battiti di vita e raccolgono corpi straziati. E’ accaduto a L’Aquila, dove la natura per mesi ha lanciato il suo grido, allarme ignorato dagli uomini della Commissione Grandi Rischi; dove uno studio di Abruzzo Engineering indicava edifici pubblici e scolastici esposti a gravi rischi in caso di sisma e che sono crollati. E’ accaduto a Giampilieri, dove la montagna già nel 2007 veniva giù a fette. E’ accaduto a Favara. E’ accaduto in numerosi altri “altrove”. E il dolore, il lutto, la devastazione sono diventati spesso occasione di lucro, come testimonia l’agghiacciante intercettazione di due squallidi imprenditori nella notte del 6 aprile, mentre L’Aquila crollava.
L’Italia è un Paese che salva le grandi imprese e lascia morire gli operai e ipocritamente usa il termine “morti bianche”, mentre la parola esatta è “omicidi sul lavoro”.
L’Italia è un paese che lascia soli coloro che lottano contro la mafia, magistrati e cittadini.

Mobilitiamoci

Il nuovo assalto da parte del governo ai principi di legalità e alla giustizia non può vederci testimoni immobili e complici. Ancora una volta il potere politico viene usato per tutelare posizioni processuali personali: un esempio per tutti il ddl sul processo breve. Esso rappresenterebbe una mannaia sui crolli assassini dell’Aquila (Casa dello Studente, Convitto Nazionale e numerosi edifici privati che hanno sepolto madri, padri, figli e decine e decine di studenti) e una amnistia generalizzata per tutti gli infortuni mortali avvenuti sul posto di lavoro.

E’ necessaria, oggi, una forte risposta democratica.

Per questo invitiamo le cittadine e i cittadini a mobilitarsi in difesa della Costituzione e della Giustizia.
Davanti a noi c’è solo una scelta: tacere per stanchezza o mettere ancora una volta le nostre energie al servizio della democrazia e dello spirito delle leggi poiché vivere di legalità fa bene .

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giovedì 4 marzo 2010

Scuola Diaz ( G8 ), il video che inchioda la polizia

Scuola Diaz ( G8 ), il video che inchioda la polizia
Checchino Antonini http://ilmegafonoquotidiano.it
[3 Marzo 2010]

Le parti civili del processo Diaz presentano oggi due video nei quali si vede l’ingresso di Gratteri e Luperi, i più alti in grado quella notte. Un cerchio rosso indica nel filmato l’allora capo dello Sco, uno blu segnala la del vice dell’Ucigos, Luperi. Mentre i due sono già davanti alla palestra, dalla scuola di fronte si filmano alcuni agenti attivissimi nei pestaggi al primo piano.

Con due frammenti video, oggi a Genova, le parti civili del processo Diaz proveranno a rafforzare l’impianto accusatorio della procura: tutti colpevoli i 27 tra poliziotti e funzionari imputati per la «notte cilena» della Diaz. Non ci furono, insomma, poliziotti infedeli e altri ingannati. La consulenza video, che ilmegafonoquotidiano.it http://ilmegafonoquotidiano.it anticipa, è divisa in due capitoli.

Il primo mostra l’ingresso di Gratteri e Luperi, i più alti in grado quella notte, tre minuti e 25 secondi dopo l’irruzione dei primi agenti travisati. Dunque, non 8 minuti dopo come ha sostenuto la difesa. Un cerchio rosso indica nel filmato l’allora capo dello Sco, uno blu segnala la del vice dell’Ucigos, Luperi. Mentre i due sono già davanti alla palestra, dalla scuola di fronte si filmano alcuni agenti attivissimi nei pestaggi al primo piano. Il più celebre tra loro è «Coda di cavallo» riconosciuto solo alla fine del primo processo come uno degli agenti digos mescolati, per tre anni, al pubblico dell’aula bunker. Il film smonta la prima sentenza che manda assolti i due funzionari accogliendo l’ipotesi che non potevano sapere che non fu la «normale perquisizione» che il Viminale cercava di accreditare. Anche alcuni dei pestati hanno riconosciuto «quello con la barba» [Gratteri] e «quello con gli occhiali» tra la manciata di personaggi in giacca e cravatta quella notte.

Di molotov si parla nel secondo frammento. A mezzanotte 41 minuti e 33 secondi Luperi riceve una telefonata mentre, con in mano il sacchetto blu delle molotov, partecipa al conciliabolo di alti gradi di fronte alla porta della scuola. Parlava con il defunto La Barbera e durò per 31 secondi circa. Ora, in primo grado, l’imputato aveva sostenuto di aver perso di vista il conciliabolo, al termine della telefonata, e di aver affidato la busta blu a una donna della digos, estranea all’irruzione. Lei, nella testimonianza, disse di averlo affidato a un collega napoletano di cui non sa il nome e che però non risulta nella lista dei presenti alla Diaz. Il frame, invece, dimostra, secondo la consulenza di parte civile, che alle 00.43 Luperi era con le mani libere e, pochi passi più in là, c’era ancora il conciliabolo in corso. Lui stesso, alcuni istanti appresso, parla con Mortola, capo della digos genovese, allora, oggi capo delle cariche ai No Tav in Val Susa. Una sagoma, che entra dall’ingresso laterale della scuola, potrebbe essere proprio la donna con le bottiglie. E, sette secondi prima dell’una meno un quarto i cerchietti rosso e blu sono sul bordo della palestra mentre si stende il telo delle false prove. 26 secondi dopo, alle spalle dei due imputati, una mano sfila il sacchetto blu che sparisce per sempre.

SALLUSTI RISARCISCE LA FAMIGLIA GIULIANI
http://cipiri.blogspot.it/2015/11/g8-genova-2001-sallusti-risarcisce-la.html

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MA IO MI DOMANDO E DICO

MA IO MI DOMANDO E DICO : SE QUESTI SIGNORI DEL P.D.L. NON SONO KAPACI DI PRESENTARSI ALLE VOTAZIONI KON TIMBRI E FIRME KORRETTI COME POSSONO KIEDERE DI RAPPRESENTARMI ED AMMINISTRARE SOLDI PUBBLICI , SAPENDO KE LA BUROKRAZIA ITALIANA E' INFINITA .
SE NON LA CONOSCONO LORO KE SONO IN POLITIKA DA ANNI ..........
ALLORA LA PROSSIMA VOLTA MI PRESENTO ANKE IO KON FIRME TRATTE DALL'ELENCO TELEFONIKO ...... KISSENEFREGA , KOME DIKONO LORO LA DEMOCRAZIA ,LA LIBERTA DI FARE QUEL KA KE MI PARE ,,, L'ITALIA E' DIVENTATA ILPAESE DEI BALOKKI .......KONOSNOGENTE KE VIVE FUORI DALL'ITALIA E GUARDANDOCI ESPRIME SEMPRE KOMMENTI ESTROSI RIGUARDO ALLA NOSTRA CAPACITA' DI SOPPORTAZIONE RISPETTO ALLE LEGGI DURE CON I POVERI E LEGGERE PER I RIKKI , SENZA CONTARE IL RISPETTO DI TALI LEGGI ,,,,
KOMUNQUE KIUDO QUESTO SFOGO KON ,,,,,,,,,,, TANTE PERPLESSITA' ,
MOLTI MIEI AMICI NN ANDRANNO A VOTARE ,,,,,,, SBAGLIATO !!!!!!!!!!
SCAPPO DALL'ITALIA ,,,,,,,,,,, VORREI !!!!!!!!!!!!!!!
RIMANGO SENZA SUPPORTI ECONOMICI !!!!!!!!!!!
MI INCATENO SOTTO IL COMUNE DI MILANO !!!!!!!!!!!!!!
ARTIKOLO TRATTO DALLA MIA UBRIAKEZZA ,,,,,,,,,,,,
QUANDO LO LEGGERO DOMANI !!!!!!!!!!!!!!! NON LO KANCELLERO''''''''''''
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mercoledì 3 marzo 2010

Dell’Utri, Pasolini e il giallo di “Petrolio”



Dell’Utri, Pasolini e il giallo di “Petrolio”

Una premessa. Marcello Dell’Utri ha fama di bibliofilo e collezionista, ma già una volta è inciampato nel suo entusiasmo. Tre anni fa annunciò di possedere i diari originali di Benito Mussolini e si lasciò andare a una ricostruzione della personalità del Duce rivisitata attraverso quei documenti. Ma, come dimostrò L’Espresso, al quale quegli stessi diari furono offerti, si trattava di un falso. Ora il senatore del Pdl annuncia di avere tra le mani un foglio inedito di Pier Paolo Pasolini, un dattiloscritto di cui alcuni esperti sospettavano l’esistenza. Di più, un dattiloscritto di Petrolio. Di più, parole di Dell’Utri, un testo “inquietante per l’Eni”.

Passo indietro. Petrolio fu l’ultima ossessione di Pasolini. Lo incominciò nel 1972, non riuscì a finirlo perché morì nel ’75, fu pubblicato postumo nel ’92, ironia della sorte un romanzo sulle stragi nella stagione in cui le stragi in Italia erano riprese. E’ un testo oscuro e vischioso come il suo titolo nonostante l’immenso lavoro editoriale a cui è stato sottoposto. E’ più uno zibaldone di appunti che un romanzo. Ma se la trama non è del tutto chiara, è chiaro invece che cosa doveva diventare.

Quando Pasolini scriveva “Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi” non rinunciò mai a voler dimostrare che tipo di Paese fosse l’Italia della Guerra fredda. E trovò il filo che teneva insieme la notte della Repubblica perché, diceva, “sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”. E il filo che trovò non era rosso, ma nero. Come le stragi di Stato, la strategia della tensione e, appunto, il petrolio. Cioè l’Eni, cioè la morte di Mattei, cioè Cefis, cioè la Montedison, cioè quell’Italia raccontata anche da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani in Razza padrona.

Questo doveva essere Petrolio: un racconto di duemila pagine (ne sono rimaste cinqucento) sull’Italia che affondava scritto in un delirio narrativo e poetico dai toni a volte gotici, a volte grotteschi, a volte semplicemente crudeli che poi era il modo in cui Pasolini parlava del male dai tempi di Salò. E a proposito del film, altra ricorrenza inquietante. Anche in quel caso l’attore Sergio Citti disse che alcune bobine di pellicola erano sparite.

Torniamo a Dell’Utri che dice di aver letto il dattiloscritto, ma di non poterne parlare. “È uno scritto inquietante per l’Eni, parla di temi e problemi dell’Eni, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese e di Mattei”. E ha definito un “giallo” la scomparsa del dattiloscritto. “Credo – ha aggiunto – che sia stato rubato dallo studio di Pasolini”.

Parole che hanno subito acceso la reazione di Gianni D’Elia che in L’eresia di Pasolini ma soprattutto in Il petrolio delle stragi, ha sostenuto la teoria che Pasolini non morì per una notte da ragazzi di vita finita in tragedia, ma fu assassinato da chi non poteva tollerare che continuasse a fare il suo lavoro di intellettuale. “Pazzesco, roba da matti, incredibile – è stata la sua prima reazione all’annuncio di Dell’Utri – Quel capitolo di Petrolio, ritenuto dal giudice Calia, un documento storico sulle stragi d’Italia è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un corpo di reato. Se è vero, Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini”.

E poi: “Ho scritto che c’era una continuità tra il potere proto-piduista di Eugenio Cefis e il potere attuale, ma mai avrei creduto che un’eredità culturale e politica contemplasse anche il ricevere quelle carte, quel capitolo sottratto da casa Pasolini dopo la sua morte e che potrebbe anche averla giustificata, motivata”. “Quindi avevo ragione io quando ho sostenuto che quel capitolo Lampi sull’Eni era stato sottratto. Una delle tante società offshore della Edilnord (proprietà di Silvio Berlusconi ndr) era intestata al padre dell’avvocato Previti e si chiamava, con poca fantasia, Cefinvest. La questione aveva profondamente interessato il dottor Calia che ha dimostrato che la morte di Mattei altro non era che un attentato. Mi chiedo: chi vogliono colpire? Quali traffici ci sono ora con l’Eni. Questa non è una storia che finisce qui”.

Non sarà né l’unica né l’ultima reazione. Attendiamo di conoscere il contenuto del capitolo. Dell’Utri ha detto che lo rivelerà alla fiera del Libro antico di Milano che apre il 12 marzo. Parola di bibliofilo.

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Blocco delle trasmissioni di approfondimento RAI.
Provvedimento dittatoriale dal sapore iraniano.
Berlusconi iscritto alla P2 e capo del governo!!!!!
Dell’Utri condannato in primo grado a pena severissima per collaborazione con la Mafia.
Che defini’ il mafioso Mangano eroe.
Dell’Utri creatore di Forza Italia con SILVIO.
ORA l’articolo di Pasolini relativo al libro PETROLIO e scomparso .................. ora nelle mani di Dell’Utri.
..........INQUIETANTE......... .

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