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lunedì 16 novembre 2009

Liberato il pacifista Turi Vaccaro

Liberato il pacifista Turi Vaccaro dopo il blitz No Dal Molin

Giulio Todescan

Questa mattina c'è stata la prima udienza del processo per direttissima del pacifista Turi Vaccaro, entrato nel cantiere del Dal Molin. Il processo è stato rinviato al 27 novembre.

Arrestato la sera di mercoledì 11 novembre al Dal Molin, portato alla caserma Ederle dai carabinieri della Setaf, e poche ore dopo rinchiuso al carcere di San Pio X. Salvatore «Turi» Vaccaro, pacifista siciliano di 56 anni, è accusato di ingresso abusivo in zona militare con possesso di «strumenti atti allo spionaggio». Questa mattina alle nove c’è stata la prima udienza del processo per direttissima: secondo l’articolo 260 del codice penale rischia da uno a cinque anni di reclusione. Una folta presenza di cittadini ha partecipato all’udienza, nella quale è stato deciso il rinvio del processo al 27 novembre. Ma già ieri cento persone si erano ritrovate sotto le finestre del carcere, portando bandiere No Dal Molin e rametti di ulivo, per chiedere l’immediata scarcerazione di Turi. Il pacifista è stato scarcerat o dopo l’udienza.

La sua colpa? Mercoledì alle 18 era entrato, passando sotto una recinzione, nel cantiere della nuova base americana, portando delle palline di argilla che avvolgevano dei semi di alberi da frutto: la sua «semina di San Martino» era una «protesta nonviolenta contro l’inizio dei lavori di questa nuova base di guerra». Era accompagnato da una donna vicentina, Agnese Priante. Dopo la semina si sono consegnati spontaneamente alle guardie; la donna è stata rilasciata mercoledì sera dalla caserma Ederle. «L’esempio di S.Martino, vescovo che abbandonò la divisa dell’esercito romano, ci è di sprone. Con metà del suo mantello donato al povero ci ricorda che ogni euro speso in armamenti è tolto ai poveri e a tutti i bisognosi» scrive Turi Vaccaro spiegando la scelta del giorno per la sua azione. Turi è un personaggio noto nel movimento pacifista italiano e non solo: è passato spesso a Vicenza, dormendo in una tenda, scalzo anche in inverno. I vicentini hanno imparato ad apprezzare la saggezza di quest’uomo barbuto e silenzioso, già studente di filosofia a Torino e animatore delle lotte pacifiste di tre decenni. Negli anni ottanta partecipò alle manifestazioni contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso, nel 2005 si intrufolò in una base a Rotterdam, e con un martello spaccò la plancia comandi di due caccia F-16 dell’esercito Usa, azione che gli costò sei mesi di carcere e 750 mila euro di multa. Era arrivato a Vicenza l’8 novembre dopo tre mesi di cammino solitario, partito da Napoli. Durante la marcia aveva raccolto semi di alberi da frutto, che ha voluto piantare al Dal Molin con il metodo della permacultura. Ora macchinetta fotografica che si portava dietro rischia di essere considerata addirittura uno strumento di «spionaggio».
Turi era stato ospite mercoledì all’assemblea settimanale al Presidio. In quell’occasione aveva detto: «Domani entro al Dal Molin». In pochi gli avevano creduto, ma Turi è andato avanti, e il suo gesto di folle semplicità ha dato forza a molti. «Questo dimostra – dice Cinzia Bottene, consigliere comunale di Vicenza Libera – che i cittadini continuano ad assumersi la responsabilità di agire, anche attraverso azioni come questa, per difendere la città da questo scempio. Altri hanno preferito adeguarsi al realismo della politica anziché continuare a stare a fianco dei propri concittadini». La solidarietà questa volta unisce tutto il movimento: «Ha attraversato l’Italia, è arrivato a Vicenza. Ha attraversato la recinzione ed è entrato nel cantiere ‘militare’ dove si sta costruendo la base militare. Fatti concreti e poche parole – dice Germano Raniero delle Rdb Cub -. Turi sapeva che rischiava ma lo ha fatto lo stesso. Tutti siamo in debito con Turi e Agnese». La Casa per la Pace solidarizza con Turi «sottolineando il carattere del tutto nonviolento della sua azione». Il Tavolo per la consultazione ne chiede l’immediato rilascio: «Sconcerta che per un’azione compiuta in territorio italiano dei dimostranti vengano trattenuti in una base militare Usa. Riteniamo che tale misura sia sproporzionata rispetto al gesto compiuto».


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