Le Carte Parlanti

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Mundimago

lunedì 26 ottobre 2009

Marrazzo pubblico e privato

Marrazzo pubblico, Marrazzo privato

Anna Pizzo


Fosse stato un «vero» politico, Piero Marrazzo non avrebbe detto, nell’intervista a Repubblica, che non potrà mai dimenticare [e perdonarsi] gli occhi della figlia che guardava scorrere in televisione le immagini del padre. Perché quegli occhi, che io non ho visto, si sono piantati anche dentro di me, e credo di tanti, come coltellate. Più duri della «crisi» istituzionale, più del terremoto politico, più della «delusione» e della irresponsabilità per non aver saputo essere all’altezza del ruolo. Più di tutto. Lo ha detto perché è «solo» un uomo, con le dolorose fragilità, le stupidità, le cattiverie, le ambizioni di un uomo «solo». Con quell’indifferenza nei confronti delle conseguenze che gli uomini riescono scientemente a non calcolare, a non prevedere o a pensare di poter comunque controllare. Lo ha detto perché è stato travolto dal sentimento, che è una bella cosa perché prescinde dall’opportunità politica e perfino dalla dignità. Perché si impone più di ogni fine ragionamento. Perché finalmente ha tracimato anche nell’uomo-immagine, nell’uomo anchorman, nell’uomo politico.
Ho conosciuto poco Piero Marrazzo: nei quattro anni e mezzo di convivenza istituzionale mi è capitato di incontrarlo nell’aula del Consiglio regionale forse una decina di volte e in riunioni politiche forse altrettante. Mi ero fatta l’idea che tentasse di essere una nuova «specie» di politico, quello che parla con linguaggio diretto e non allusivo, quello che certo tiene conto, che indubbiamente è compatibile ma, almeno, ha il coraggio di affrontare i suoi oppositori – siano essi comitati di cittadini furibondi o politici navigati – senza pontificare dall’alto. Uno disposto a mettersi in gioco, a patto che il gioco non fosse taroccato. Non so se ho sbagliato valutazione, ma è certo che quando ho avuto la notizia di quello che era successo – il filmino, il ricatto, gli assegni – la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: il mio lavoro di quattro anni e mezzo e quello di altri sarà «illuminato» per sempre solo da luci rosse. Non è giusto, Marrazzo ha colpito anche me, è stato irresponsabile anche nei miei confronti e ora non c’è più tempo per rimediare. Si è trattato di una reazione che, con la testa raffreddata dalla valanga di notizie, ho poi modificato perché quel tanto o poco che ho fatto è fatto, mi sono detta, e nessuno lo può cancellare.
Poi sono arrivate le trans, i carabinieri più o meno «deviati», le ipotesi sull’esistenza di un grande manovratore, forse una spy story «all’amatriciana». Poi è arrivata la politica, con i suoi marchingegni, alla ricerca del minor danno possibile: le primarie del Pd, le elezioni regionali che incombono con i faccioni dei prossimi candidati già da tempo incollati sui muri di tutta la Regione, la memoria dei metodi storaciani per acchiappare voti nella scorsa campagna elettorale. Tutto si è mescolato in un unico pentolone dal quale è uscito [per ora] un Piero Marrazzo ridotto ai minimi termini che, attraverso i giornali, cerca di parlare alla moglie, più che alla Regione della quale fino a un momento prima era stato presidente. Proprio nel momento in cui tutti si affannano a trovare una formula algebrica per «sospendere» Marrazzo e farlo dimettere al momento più opportuno, in modo da arrivare alla scadenza regolare della «consiliatura», o per portarlo definitivamente davanti al boia [perché la politica spesso richiede sacrifici umani], Piero Marrazzo si guarda intorno e vede la sola cosa che forse può riuscire a salvare o che forse gli interessa salvare: la propria vita, i suoi affetti.
Devo confessare che, non riuscendo a dormire, la notte scorsa mi sono messa a pensare a cosa avrei fatto io, al posto della moglie. E non venitemi a dire che nelle nostre case, nelle nostre vite, tutto questo sarebbe stato impossibile. Credo che non perdonerei, per via degli occhi di mia figlia e per il mio orgoglio calpestato.

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1 commento:

  1. Anonimo1/11/09

    “Il clamore sul caso umano di Marrazzo suscita dispiacere. Ma questo clamore improprio dipende interamente dal modo come sin qui si è comportata la nostra sinistra. Che ha aizzato una prolungata campagna di stampa contro il premier fondata sul tentativo di linciaggio morale.”
    Con questi termini interviene il quotidiano L’occidentale che opportunamente vi segnalo in questo articolo
    http://www.loccidentale.it/articolo/la+sospensione+gattopardesca+di+marrazzo+svela+la+debolezza+del+pd+.0080483

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