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giovedì 24 settembre 2009

Honduras, manifestanti arrestati


Honduras. Centinaia di manifestanti arrestati e portati in due stadi

www.misna.org

Arresti, feriti, forse vittime: sono il frutto della repressione del presidente golpista Micheletti nei confronti dei sostenitori del presidente Zelaya, che si trova nell'ambasciata del Brasile. I golpisti hanno tagliato alla sede diplomatica luce acqua e viveri. E hanno trasformato gli stadi in centri di detenzione. Chiesta una riunione d'emrgenza del Consiglio di sicurezza Onu. Un articolo informato, da Misna

Una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata chiesta qualche ora fa dal Brasile sulla situazione in Honduras. A Tegucigalpa sarebbero circa 300 i detenuti in due diversi stadi sportivi, almeno dozzine i feriti – e, secondo alcune fonti, una o più le vittime – a causa della dura repressione che il governo «di fatto» di Roberto Micheletti ha attuato ieri [otto ore di differenza con l’Italia] con gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma, nei confronti di alcune migliaia di sostenitori del presidente José Manuel Zelaya Rosales tornato nel paese lunedì 86 giorni dopo il golpe politico-militare di fine giugno.
Zelaya, un imprenditore liberista che aveva deciso di stabilire rapporti politici ed economici con il Venezuela, il 28 giugno venne prelevato in pigiama nella sua abitazione e costretto all’esilio; oggi, dopo un rocambolesco viaggio su cui circolano più versioni [sia via terra sia in aereo] si trova assediato nell’ambasciata brasiliana di Tegucigalpa, insieme con parenti e sotenitori. Il governo «di fatto» ha deciso di sospendere alla sede diplomatica forniture di ogni genere, dall’acqua all’alettricità, ma sarebbe già in corso un’iniziativa internazionale, con il coinvolgimento dell’Onu, per superare il blocco.
In una nota del «Frente Nacional Contra el Golpe de Estado», citata dall’agenzia di notizie brasiliana «Adital», si afferma che a causa degli scontri di ieri i feriti sarebbero centinaia mentre tra 100 e 200 persone sono detenute nello stadio Hector Chochi Sosa, alla periferia della capitale, lo stesso in cui Zelaya venne acclamato presidente nel gennaio 2006. «C’è stata una serie di detenzioni arbitrarie contro persone che hanno partecipato alle manifestazioni a favore del presidente, accusate di aver violato il coprifuoco in vigore nel paese», ha detto a giornalisti del Costa Rica Bertha Oliva, presidente del Comitato di familiari di detenuti.
La piccola stazione clandestina Radio Liberada, che trasmette in internet, sottolinea: «Lo stadio Chochi Sosa ci ricorda l’Estadio Nacional de Chile», divenuto celebre come campo di concentramento al tempo della dittatura militare di Pinochet. Anche un altro stadio, il Lempira Reyna Zepeda, è stato trasformato in centro di detenzione. «Via campesina», organizzazione dei lavoratori della terra, sostiene che negli scontri di ieri nell’area dell’ambasciata brasiliana sarebbero morte tre persone.
Fonti della MISNA contattate in loco non sono state in grado di confermare né smentire. L’ospedale «Escuela», in cui sono ricoverati non meno di otto feriti, sarebbe stato militarizzato. «Esigiamo la fine della repressione da parte della polizia e dell’esercito – scrive in un comunicato l’ Organización Política Los Necios [Opln] – ripetendo l’appello al popolo dell’Honduras affinché partecipi alla lotta contro i sistemi illegali e illegittimi del regime militare».
La Comisión Interamericana de Derechos Humanos [Cidh] ha ufficialmente chiesto al governo di fatto di garantire il diritto alla vita, all’integrità e alla libertà d’espressione; per l’ Organización de Estados Americanos [Osa], è stato «eccessivo» l’uso della forza pubblica non solo nella capitale ma anche a San Pedro Sula, Choloma, Comayagua e ad El Paraíso, municipio alla frontiera con il Nicaragua.
Mentre circolano slogan del tipo «Micheletti come Pinochet», una vasta anzione internazionale – a cui partecipano in prima fila Brasile, Costa Rica, Spagna e Stati uniti – tende a stabilire il dialogo tra Zelaya e Micheletti, che però, secondo fonti internazionali di stampa, avrebbe detto: «Per quel che mi riguarda Zelaya può restare nell’ambasciata anche cinque o dieci anni», svuotando di qualsiasi significato una precedente proposta ufficiale di dialogo a condizione di uove elezioni. Prorogato intanto il coprifuoco, fino a domani.


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