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lunedì 31 agosto 2009

Costa Rica, ministero della Pace




Costa Rica, debutto mondiale del ministero della Pace



La Costa Rica è il primo paese al mondo a avere un ministero di questo tipo
Novità in vista nella Costa Rica: il piccolo Paese centro americano, infatti, sarà il primo Stato al mondo ad avere un ministero quasi esclusivamente dedicato alla Pace. Il testo della proposta di legge approvata dalla commissione parlamentare ora dovrà arrivare all'aula che senza ombra di dubbio lo approverà. Dunque, il ministero di Grazia e Giustizia cambierà nome e entro breve si trasformerà nel ministero della Giustizia e della Pace.

Ana Helena Chacon, la deputata che ha avviato le procedure per la proposta di legge, appoggiato dalla quasi totalità della società civile costaricense, ha fatto sapere che il progetto comprenderà anche la nascita di programmi per la diffusione della cultura di pace a tutto campo. "Sono molto felice e orgogliosa che questa mia proposta sia stata accettata. Così facendo diverremo uno dei paesi pionieri in materia. La Costa Rica è il primo paese dell'America Latina a avere questo tipo di ministero che combatterà anche contro la delinquenza giovanile" conclude l'onorevole.
Arrivare alla creazione del Sistema Nazionale della Promozione della Pace, poi, sarà un gioco da ragazzi. Il nuovo dicastero si occuperà della "promozione della Pace e della prevenzione e risoluzione dei conflitti". Saranno invitate a collaborare tutte le organizzazioni non governative che si dedicano alla diffusione della cultura della Pace e contro la violenza.
La Costa Rica da sempre è uno dei paesi del mondo più attenti al tema Pace. Molto nota in tutto il mondo è anche l'Università della Pace che si trova nella capitale San Josè.

Non solo: la Costa Rica non ha un esercito. 

Inoltre, il presidente Oscar Arias è stato insignito del premio Nobel per la Pace nel 1987 grazie al suo impegno contro le guerre che hanno devastato l'area negli anni '80. Anche Oggi Arias è impegnato come mediatore nei colloqui che dovrebbero portare a una soluzione della crisi politica che ha colpito l'Honduras.

Un paese disarmato è possibile? L’esempio della Costa Rica

L’abolizione dell’esercito è sempre sembrata un’utopia auspicabile solo da “fricchettoni” pacifisti. Ma c’è un Paese, la Costa Rica, che lo ha fatto 60 anni fa.

QUANDO LE SPESE MILITARI SPARISCONO – L’abolizione dell’esercito è sempre sembrato un sogno illusorio, un’utopia auspicabile solo da “fricchettoni” pacifisti, ignari dei rapporti internazionale da dover mantenere. Ma c’è un Paese, la Costa Rica, che lo ha fatto sessant’anni fa  per opera di José Figueres Ferrer, coriaceo figlio di catalani emigrati in America. Il 1° dicembre 1948, il paese era uscito da poco da una  guerra civile, che aveva provocato centinaia di morti. In breve, dopo due mesi di combattimenti, il socialdemocratico Ferrer assunse la direzione del governo provvisorio, nazionalizzò le banche e annunciò l’abolizione dell’esercito.

Dopo la firma del decreto legge, il presidente del governo provvisorio si recò alla caserma Bellavista, situata nella capitale San José e davanti alla folla, con una mazza, colpì simbolicamente il muro della caserma. Lo stesso giorno, Ferrer offrì la caserma Bellavista all’università della Costa Rica, che la trasformò in un museo. In questo gesto simbolico è racchiuso il motivo principale dell’abolizione dell’esercito: eliminare le spese militari per aumentare i fondi destinati all’istruzione e per migliorare le condizioni sanitarie di questo Paese. In effetti, attualmente la Costa Rica ha un tasso di alfabetizzazione del 96% e la speranza di vita, di quasi settantasette anni, è quella più alta in tutta l’America Latina.


IL POPOLO E’ D’ACCORDO – Da quando la Costa Rica ha deposto le armi non ci sono state né invasioni né guerre, nonostante l’America Centrale si possa sicuramente considerare una “zona calda” del mondo. Ad oggi, infatti, lo sforzo più grande per la Costa Rica è quello di mantenere questa cultura pacifista in un’area martoriata da continui conflitti. «Smettiamo di comprare armi per pagare più professori e più medici» non si è rivelato solo uno slogan sterile e retorico. Secondo la fondazione Arias per la pace e per il progresso umano, la soppressione delle forze armate permette di finanziare  le università pubbliche e tre interi ospedali.

Esiste però anche un rovescio della medaglia. Rosibel Salas Herrera, vicedirettrice di un istituto tecnico nella regione del Coto Brus, riconosce l’efficienza del sistema d’istruzione, ma ne critica le diseguaglianze. Mentre nella capitale gli studenti dispongono di computer e biblioteche, ritiene che nella regione in cui lei lavora la situazione non sia altrettanto edificante: i bambini sono costretti a seguire le lezioni in aule fatte di lamiere.

Nonostante ciò, nessuno pensa di rimettere in discussione la rinuncia delle spese militari. Per citare un avvenimento emblematico, solo nel 1985 l’America Centrale è stato teatro delle guerre in Guatemala, nel Salvador e in Nicaragua. Così, di fronte alla minaccia che il pericolo potesse raggiungere anche la Costa Rica, il governo aveva un’inchiesta tra la popolazione per sapere se fosse favorevole o no al ripristino delle forze armate. Ebbene, ben il 90% degli intervistati si è rivelato contrario.


L’ECONOMIA DELLA CULTURA – La Costarica è così diventato l’esempio di un Paese che ha costruito sull’assenza dell’istituzione militare la base per il suo sviluppo: è al 48° posto al mondo negli indici di sviluppo, mentre gli altri stati dell’America Centrale sono dietro ai primi cento. Qui le piazze, i monumenti e le vie non ricordano guerre o battaglie, ma i solidi principi su cui si basa questo  Paese:  piazza della Cultura, parco della Pace, la rotonda delle Garanzie Sociali si possono citare come esempi.

Probabilmente anche l’Italia potrebbe considerare questa come alternativa adatta per la riduzione del debito pubblico e il risanamento del pareggio di bilancio prendendo esempio dall’unico Paese al mondo che il giorno di festa nazionale fa sfilare gli studenti anziché i soldati. Le cifre riguardanti i soldi spesi dall’Italia nelle cosiddette “missioni di pace” rivelano un impegno di non poco conto in relazione ai sacrifici a cui sono chiamati gli italiani. E non solo in relazione all’aumento della pressione fiscale, ma anche ai tagli in settori sociali di primaria importanza quali istruzione, sanità ed altri.

Ma se il modello inaugurato più di cinquant’anni fa da Pepe Figueres  Ferrer ha portato la Costa Rica ad essere tra i primi posti  negli indici di sviluppo mondiale, cosa aspettano Stati europei come Grecia, Spagna, Portogallo e Italia a seguire l’esempio di questo piccolo ma democratico Stato?

L'ITALIA SPENDE 50 MILIONI DI EURO AL GIORNO
IN ARMAMENTI



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