Le Carte Parlanti

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Mundimago

martedì 13 gennaio 2009

AMORE ......A.....LUCHETTI





Sta cambiando il modo di amarsi?

Il bisogno di amare e di essere amati è qualcosa di universale ma certamente le forme e la qualità delle relazioni affettive cambiano. Forse esistono tanti tipi di amore quante sono le persone e i periodi storici ed è difficile comprendere se assistiamo a cambiamenti sostanziali o solo delle forme di espressione degli affetti. Un esempio? La vicenda dei lucchetti a Ponte Milvio: ne abbiamo sentito parlare per giorni e visto schiere di giovani e meno giovani recarsi sullo storico ponte romano a giurarsi amore eterno e a sigillare i loro cuori con lucchetti di tutti i tipi.

E ora? Sembra che il crollo dello storico lampione, troppo carico dei pegni d’amore, sia coinciso con un abbassamento di quell’euforia che da mesi portava centinaia di coppie a giurarsi amore eterno, come Scamarcio insegnava nella nota scena del film “Ho voglia di te” tratto dall’omonimo romanzo di Federico Moccia.
Forse si è un po’ esagerato? E’ stata una moda che, come tutte le mode, prima o poi finisce nei ricordi o nel nulla? Ma anche la moda per prendere piede deve incontrare un bisogno e, nel caso dei lucchetti, si parla di affetti e di amore.

Un lucchetto nella nuova simbologia dell’amore?

In realtà ci si dovrebbe chiedere non solo perché un lucchetto ma anche perché lì, sotto gli occhi di tutti, con nomi, date e possibili confronti di dimensioni e pesi… E poi, il dubbio di tanti: se dovesse finire? Che ne sarà di quel lucchetto?
Lucchetto, chiavi al collo, giuramenti pubblici, dichiarazioni d’amore scritte sui ponti, sui muri, sui marciapiedi. Tutto è così grande, sempre più grande, più visibile, più pubblico. Viene un dubbio: non sarà che dietro tanto clamore, tanta eccitazione, tanto movimento, si nasconda un’altrettanto grande paura del nulla, della non esistenza, dell’inconsistenza di sé, della mancanza di speranza proprio in quell’amore “per sempre”?

Perché, si sa, in quel “per sempre” ci credono veramente in pochi. Eppure il lucchetto rilancia un interrogativo e una speranza: "Sarò capace di amare come vorrei e sarai capace di amarmi come vorrei? Se lo dico e lo dichiaro davanti al mondo, se lo grido forte, forse sento la mia voce amplificata e ci credo un po’ di più. Magari l’immagine di una telecamera, la concretezza di uno scritta e di un lucchetto mi aiuteranno…”

Un fenomeno solo adolescenziale?

Certo i più giovani sono più sensibili a questi temi, ma anche i meno giovani sembrano navigare spesso nelle stesse acque. Trovare nella coppia il giusto equilibrio tra momenti di unione e vicinanza e spazi individuali non è facile.
Che gli adolescenti non sappiano ancora amare, si sa, è fisiologico. Cuori sperduti e impegnati a trovare il loro linguaggio dell’amore. Si allontanano dai loro amori originari, quelli familiari, e navigano un po’ nel vuoto, amano se stessi, o ci provano, amano il gruppo, la musica, le mode e provano ad amarsi in coppia. Per sempre? “Magari” direbbero alcuni, quelli dei lucchetti, quelli che ricercano al più presto nuove sicurezze, nuovi binari, una favola o un romanzo a lieto fine, lasciando a distanza, fuori di sé, conflitti, confusioni e solitudini.

A volte la ricerca del “per sempre” diventa una sorta di malattia con gelosie insostenibili, desiderio di possesso totale, fino, talvolta, a tragici epiloghi.
“Fossi matto” direbbero altri, quelli del fronte opposto, spaventati da nuovi legami troppo vincolanti o, già troppo presto, disillusi e incapaci di sognare.
Questi sono gli adolescenti: sognatori, tristi o depressi, euforici, entusiasti, incerti, confusi e manipolabili. Ma sempre più spesso anche i genitori di questi adolescenti sono in preda a crisi affettive che affrontano con modalità molto simili ai figli, soprattutto quando faticano a vivere i limiti dell’età cronologica. Sono i cosiddetti eterni adolescenti.

Nuove tecnologie: amiche o nemiche dei sogni?

Si tratta di una questione molto importante che ne incontra un’altra: la possibilità e il diritto di sognare, di preservare un’area, quella della propria fantasia e della propria intimità, che costituisce il nucleo più personale e unico di ogni individuo. I mezzi di comunicazione oggi disponibili permettono tipi e qualità di relazioni un tempo inimmaginabili. Potersi sentire e vedere quasi in ogni momento della giornata, ad esempio, può evitare il dolore di difficili separazioni, accorciare le distanze, ma certamente modifica le forme degli affetti, quelli legati alle pause, alle separazioni, alle attese; dunque il ricordo, l’aspettativa, il dolore, la gelosia, i sogni. La possibilità di usare la webcam, inoltre, propone forme di contatto più visivo che corporeo e sollecita la rappresentazione delle fantasie sullo schermo in una sorta di spazio collettivo a cui tutti possono attingere.

Se pensiamo poi ad alcune delle trasmissioni televisive più gettonate, vediamo come mostrano aspetti della sessualità e dei legami affettivi più diversi e anche inquietanti. La gelosia, ad esempio, viene controllata con giochi seduttivi programmati al tavolino; la rivalità madre-figlia compensata da alleanze e complicità che negano le differenze generazionali; le incertezze sulla propria identità diventano modo di definirla, per citare solo alcune situazioni. Con tutto questo le nuove generazioni stanno già facendo dolorosamente i conti senza probabilmente ancora esserne consapevoli. Gli adulti sono responsabili di questi messaggi che formano i ragazzi.

Come accompagnare i ragazzi nella crescita affettiva?

Non c’è migliore scuola che la vita: dunque, l’esempio in primo luogo. Cosa accade invece ai giovani quando vengono catturati nelle maglie della moda che li invita ad una uguaglianza che li appiattisce, ad una sorta di omologazione in cui l'identità perde i suoi colori? Sbiadisce la possibilità di seguire una strada personale anche nell’amore, che passa attraverso l’incontro tra due esseri diversi, tra due intimità da scoprire, tra due cuori che non hanno bisogno di lucchetti e telecamere per stare vicini perché si possono trovare vicini giorno dopo giorno senza neanche sapere perché e godere della sorpresa. Saper stare soli e sapersi lasciare, sono anche parte della vita e della crescita. I ragazzi lo sanno e mentre tanti festeggiano San Valentino altri giocano a festeggiare il proprio... san singolino.

La nostra società sembra non incoraggiare molto i movimenti personali anzi, a volte, pare voler ‘derubare’ i più giovani, alla ricerca di un’identità, della possibilità di percorrere strade nuove e originali. Il rischio di tale situazione andrebbe segnalato un po’ di più, specie da parte di chi si occupa della sofferenza psichica, accogliendo tanto dolore di bambini, adolescenti e adulti che inseguono una visibilità e una normalità che non prevede differenze. Essere come tutti è proprio un vantaggio o si rischia di “far finta di essere sani”, come il grande Giorgio Gaber cantava già qualche decennio fa?

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------- BUONA VISIONE -

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